Dopo più di un mese dall’ultima uscita, riprendo scarponi e zaino. Per l’occasione rispolvero – è proprio il caso di dirlo – il mio vecchio Karrimore dall’ampia capienza ma sempre dolcissimo da indossare. Dopo varie preparazioni riempi/vuota/riempi con progressiva riduzione del carico, si rivela alla fine insolitamente pesante. Mischiato a tutte le altre cose che servono per un pernottamento in rifugio anche un tubo di cartone rigido. Affardellato all’esterno il mio cappello d’alpino, senza penna, che sta appunto ben protetta dentro il citato tubo. Fatte queste doverose premesse passiamo all’escursione (sabato 23 e domenica 24 giugno).
Per essere al rifugio Contrin domenica 24 al mattino (miniadunata alpina per non so quale anniversario del rifugio, di proprietà dell’ANA) io e l’amico Franco, che mi tira in queste avventure postnaiesche, avevamo pensato di salire da Fuchiade al passo delle Cirelle, scendere sul versante opposto e deviare a ovest verso il passo Pasché. Da qui per “sentiero di guerra” avremmo raggiunto il rifugio Passo san Nicolò per il pernotto. Al mattino rapida discesa al Contrin.
A passo san Lugano si aprono le cateratte del cielo. A Moena viene giù a secchi. Al san Pellegrino sembra di essere già in autunno, pioggia battente, nuvole basse e pure freddo (io in canotta e braghe corte…). Sarà anche vero che “per gli alpini non esiste ecc…” ma non è certo il caso di andare alle Cirelle con il rischio di finire abbrustoliti dentro un temporale. Puntiamo allora alla val san Nicolò per una salita diretta al rifugio. E’ uno dei tanti piani alternativi che approntiamo al momento. In fondo alla lista alfabetica (E, F, G… boh?) sta un mesto ritorno a casa, scongiurato.
All’avvio il tempo migliora, non piove più, cielo bigio compatto ma panorama terso con nitidi profili delle cime. Partiamo e ci dirigiamo al passo Pasché. Davanti a noi troneggia la piramide del col Ombert, che separa la nostra prima meta, a sud, dal passo san Nicolò, a nord. La mulattiera sale ripida nel bosco con qualche curva cementata per facilitare la marcia dei fuoristrada verso la magnifica località di Jonta, appartata radura verdeggiante ove sorgono due fiabesche baite. Si levano alcuni veli nebbiosi che non danno fastidio. Il sentiero prosegue ora in diagonale tra i larici ed esce poi all’aperto sotto una bastionata rocciosa. Ne raggiunge la base, la costeggia e la supera al suo termine lungo una ripida scarpata erbosa. Il tempo tiene, nel cielo si apre qualche macchia di azzurro. Ecco ancora distante il passo Pasché, sovrastato dalle rocce delle cime Cadine. Più lontano alta e possente appare la mole severa di c. Uomo con la sua tetra parete nord. Superato un dolce avvallamento, con breve risalita raggiungiamo il passo. A est lo scenario è splendidamente dolomitico: la Regina se ne sta altezzosa tra nebbie che vanno e vengono. Facciamo una puntatina fino ad un dosso, tanto per “pestolar en poca de nef”.
Si va al rifugio. Torniamo sui nostri passi e li abbandoniamo quasi subito per imboccare il sentiero di guerra. Questa interessante ma impegnativa variante per il san Nicolò passa su ghiaioni e rocce alla base del col Ombert, sul lato ovest (val san Nicolò). Il sentiero non è segnato ma ben tracciato. In alcuni punti transita sopra rocce a strapiombo, in altri attraversa canali franosi piuttosto ripidi. Insomma, non è da percorre né con le mani in tasca né fischiettando. Termina ad una piccola forcella erbosa sotto la parete nord del col Ombert (qui parte la ferrata dei Kaiserjäger, difficile, per la cima). Scendiamo per pascoli fino al rifugio, situato in posizione veramente incantevole e con panorama spettacolare a 360°. La luce del pomeriggio disegna davanti a noi un quadro dai riflessi “segantineschi”. Segnalo la cortesia del proprietario, cosa per niente scontata, anzi, e la qualità della cucina.
Al mattino ci cacciamo in testa il cappello e scendiamo al Contrin. Ma questa è un’altra storia.