Il lago senza nome a m 2545 tra Cima Dodici e Cima Undici: il ghiacciaio si è ritirato oltre i 2800-3000 metri di quota
Dove nasce l'Avisio? In certi casi è facile capire dove nasce un fiume. In altri complicato, come nel caso dell'amato torrente Avisio. L'ambiente è stato sconvolto dalla
diga realizzata negli anni '50 a Passo Fedaia. In teoria nasce dunque dalla Marmolada. Il versante nord però dove c'è il ghiacciaio che alimenta vari torrenti è lungo quasi 5 km. Inoltre un orrendo
canale di gronda capta le acque sotto il Gran Vernel e le convoglia nel bacino artificiale. Convenzionalmente quindi, secondo varie fonti l'Avisio nascerebbe come
emissario del bacino artificiale di Fedaia a 2057 metri.
Una immagine di struggente bellezza: la piana di Fedaia prima della costruzione della diga, probabilmente anni 30-40
La diga di Fedaia, costruita nella metà degli anni '50
Dopo aver esplorato l'Avisio a valle della diga, ridotto in pochi rivoli e per lunghi tratti addirittura in secca, ho voluto provare a vedere dove nasce molto più in quota. Sono risalito quindi
fuori sentiero per le morene tra Cima Undici e Cima Dodici, dove le acque di fusione del ghiacciaio si raccolgono in uno
splendido laghetto senza nome a 2540 metri di quota. Mi piace pensare che questo luogo magico possa essere dove nasce l'Avisio.
L'Avisio a valle della diga
Curiosamente non sono riuscito a rintracciare nessuna info utile su internet. Di solito non è un bel segnale: significa che non ci va nessuno, o che arrivarci è impossibile.
Per arrivarci ho studiato un po' le carte e le immagini ortofoto. Non esistendo sentieri, ho realizzato una traccia di massima tramite le foto aeree visualizzate con Google Earth, laddove mi pareva che il percorso fosse più semplice e soprattutto senza salti di roccia pericolosi. Quindi ho i
mportato la traccia nella app MyTrails per avere un riferimento.
Le gigantesche rocce montonate, ormai senza ghiaccio
Hornungia alpina
Salendo per i roccioni, sullo sfondo le cime di Cima Undici
Siamo partiti dal parcheggio poco a monte della diga di Fedaia, dove c'era una orrenda bolgia di moto e auto, con zaffate di odore di ragù che venivano dai ristorantini vicini.
Seguiamo un tratto di pista, al primo curvone noto un ometto di sassi, il che mi fa presumere esista una traccia. Entro nei mughi, la traccia è molto vaga ma mi permette di evitare di risalire la pista: piombiamo subito in un meraviglioso silenzio. Incrociamo un rio secco che ha scolpito la roccia, quindi traversiamo in costa sulle
bastionate rocciose di discreta pendenza evitando le cortine di mughi impenetrabili.
Foriture
Salendo lungo la dorsale rocciosa, a destra la grande morena ghiaiosa, sullo sfondo Cima Undici o "Sass da le Undesc" in lingua ladina
Cerastium latifolium
Primo specchio d'acqua
La salita è più facile del previsto, basta stare sulla roccia dove c'è la dorsale e non c'è problema. Il paesaggio è lunare, magnifico: siamo sovrastati dalle
grandi pareti di Cima Undici. Costeggiamo una grossa morena terrosa, la vegetazione è ormai sparita, resiste solo qualche macchia di fiori alpini tra i sassi. La pendenza è modesta, le difficoltà ormai nulle, salvo mantenere il giusto orientamento.
Lo specchio d'acqua a quota 2500
Le bellissime striature sul calcare delle rocce montonate
Max non si fa sfuggire l'occasione per il solito bagno in quota...
Lo specchio d'acqua più in basso
Raggiungiamo quindi il primo specchio d'acqua a quota 2500, in una conca a tratti erbosa dove sono ammassati accumuli di legname. Presumo rottami della "Città di Ghiaccio" della Grande Guerra, scivolati a valle quando c'era il ghiacciaio, che ha portato a valle, triturandole, le baracche di legno di travi e assi. Sui ghiaioni sono sparpagliati numerosi rottami bellici, schegge, lamiere e altri pezzi contorti non identificabili.
Ho ricostruito sulla base di mappe dell'epoca le gallerie della Città di Ghiaccio: una galleria passava proprio sopra i laghetto a quota 2545
Sulle morene sono sparpagliati rottami bellici, qui raccolti su un masso
Reperti della Grande Guerra
A valle del piccolo laghetto un accumulo di legname, probabili resti delle baracche della Città di Ghiaccio triturate dal ghiacciaio
Saliamo lunghe le rocce montonate accanto al torrente che scende gorgogliando e frusciando in una serie di bellissime cascatelle e scivoli d'acqua sulla roccia levigatissima dall'azione potente e "piallante" del ghiaccio nel corso dei millenni. Un breve ma divertente stappo su rocce bellissime con un "grip" fantastico (magari da evitare col bagnato) e siamo nella
spettacolare conca con il lago formato dalle acque di fusione del ghiacciaio, che scendono da una ripida muraglia. Siamo a quota 2550 circa secondo l'altimetro.
Il laghetto inferiore a quota 2500
Quota 2500 circa, Piz Boé sullo sfondo
Max si rinfresca nel laghetto
Sotto le parete di Cima Undici
Ultimi metri per arrivare alla conca col lago superiore
Ecco il lago a quota 2550!
Il lago raccoglie le acque di fusione del ghiacciaio
Un paesaggio primordiale e selvaggio che tocca l'anima. Dopo esserci inebriati di tanta bellezza, e dopo la solita sosta panini, ci tocca tornare. Stavolta
proviamo a scendere lungo la morena sulla sx orografica. Un po' rognosa perché c'è un passaggio, breve ma ostico, su
ghiaia ripida dura che però si sgretola sotto il nostro peso. Con un po' di cautela superiamo l'ostacolo e scendiamo ancora per le balze rocciose, evitando i tratti disseminati di ghiaia o ghiaino, quindi torniamo verso la pista e facilmente alla macchina.
Scendendo sul crinale della morena
Tramonto su Fedaia, in alto il gruppo del Sella col Piz Boè
Enrosadira su Cima Undici
Giro bellissimo dove non va letteralmente nessuno, lontani dal casino della bolgia turistica di Passo Fedaia che in questo periodo pare Milano Marittima. Qualche chilometro per sprofondare nella solitudine assoluta in un paesaggio glaciale fiabesco. Giro abbastanza corto, appena 5-6 km, dislivello circa 500 m.
Il percorso fatto