Autore Topic: [PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello  (Letto 83491 volte)

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Offline Matteo Nicolin

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Vista dal surreale Altopiano, con Rosetta (2743m) a sinistra e la colossale parete est della Vezzana (3192m) a destra.

      Settembre volge al termine, l'autunno da qualche settimana è compagno di viaggio dei fortunati che possono avventurasi nei boschi e più in alto. Già i primi di questo mese ho sentito di camosci avvistati con la muta invernale addosso e se è il loro pelo ispido a suggerircelo, allora è davvero il caso di lasciarci anche quest'estate alle spalle.
      Tuttavia, durante le giornate sempre più corte, fredde e grigie, è meglio non mancare mai alla sana abitudine di ricordare senza rimpiangere per chi, come me, non potrà più camminare tra gli amati profili, almeno per qualche mese: tra le memorie più recenti e care annovero l'avventura che vide mio fratello, il buon Daniele (sempre lui) e il sottoscritto felicemente schiacciati da zaini e ustionati dal sole delle alte quote dolomitiche, che andammo a trovare lo scorso luglio. Nei ritagli di tempo concessimi dagli studi musicali, mi riprometto di raccontarvi i panorami e il sentire caloroso di quei giorni, per gioia di condivisione e nella speranza di rinverdire le sensazioni e le emozioni provate...

       L'appuntamento è fissato per la sera di sabato 16 luglio a casa mia, aspetto i ragazzi cucinando una pasta tattica e ascoltando il dialogo tra l'acqua bollente e la musica corale che mi fa compagnia. Il familiare rombo diesel mi annuncia l'arrivo dei compagnoni, che irrompono in casa lamentandosi della mia scelta musicale ("...A me par de star in ciésa!" "Come casso feto a magnare co' 'na roba del genere che sona?!" etc.), per cui cambiamo disco e mangiamo rapidamente. La testa è già tra i monti, è da troppo tempo che aspettiamo di poter scappare dal cemento, dai "buongiorno" e dai "distinti saluti" dell'università e della vita cittadina. Sbarazziamo, la tovaglia rapidamente sostituita dall'ampia cartina raffigurante la nostra meta, l'altopiano delle Pale di San Martino che invade la tavola con il suo grigio intimidatorio venato di rossi sentieri: l'idea è quella di parcheggiare sotto la seggiovia a San Martino di Castrozza e da lì fare un giro ad anello di tre giorni che ci consenta di attraversare da ovest a est il desertico altopiano, con l'intenzione di non pernottare nei rifugi, ma di accamparci per la notte. Una volta stabilito con discreta precisione l'itinerario, finiamo di preparare gli zaini, riuscendo a distribuire il carico in 18kg circa per ciascuno. Nonostante l'eccitazione che rende difficile il sonno, riteniamo opportuno sdraiarci in branda per qualche ora. Le palpebre si appesantiscono controvoglia e finalmente si chiudono, se non che sono immediatamente richiamate all'ordine dallo squillare contemporaneo di tre sveglie che decretano l'inizio dell'avventura.

GIORNO 1

       Trangugiamo un caffè ciascuno, montiamo in macchina e partiamo. Daniele sonnecchia sui sedili posteriori, io chiacchiero con Riccardo, che guida; gli impedisco di utilizzare il navigatore, ben sicuro di conoscere la strada. Con un sorriso sornione stampato in faccia gli indico la via fino a Bassano, dove qualcosa va storto e, nel giro di un paio di curve, ci troviamo su delle stradine secondarie che ricordano molto poco la Statale 47, che invece avremmo dovuto prendere: balbetto scuse, inframezzate da improperî nuovissimi che il fratello giustamente conia in mio onore, mentre rassegnato accendo il GPS che, nel silenzio della superiorità, ci riconduce sulla retta via.
       Arrivati a destinazione ormai a mattina inoltrata, smontiamo dalla macchina sotto gli impianti di risalita di San Martino e ci prepariamo per la partenza, quando sento rivolgermi una domanda che risveglia in me un presentimento oscuro e agghiacciante: "Matteo, hai preso tu le mie pedule?"
       Potete immaginare la mia risposta (questa volta sono io ad imprecare): Ricky è senza scarponi, se li è dimenticati a casa! Indecisi tra tirar giù San Martino e le sue Pale a suon di rasíe, ridere per l'assurdità della situazione o preoccuparci per l'orario incalzante, andiamo alla ricerca di un negozio di articoli sportivi, nella speranza di trovarlo aperto, essendo domenica. Il fato ci è amico, troviamo aperto e Riccardo acquista le pedule mancanti, le calza, ci carichiamo gli zaini in spalla e, finalmente... si parte!
       Ci avviamo su per la pista da sci, da cui si stacca dopo poco il sentiero 701. La funivia scorre sopra le nostre teste, innumerevoli signore in borsetta e scarpe da ginnastica ci superano silenziose dentro a bolle meccaniche, mentre noi sudiamo già copiosamente. I nostri piedi e i loro cavi d'acciaio hanno la stessa meta, le pendici del Monte Rosetta (2743m).


(Clicca per ingrandire) Il Lagorai nord-orientale svetta in lontananza, mentre in primo piano la vegetazione sempre più rada lascia il posto alle rocce.

       L'ultimo tratto del sentiero è il più spettacolare, si cammina su costoni rocciosi strapiombanti in più tratti. Tutti i passaggi sono tuttavia stati messi in sicurezza, vista l'impressionante affluenza turistica che affolla questi versanti del gruppo montuoso. Dopo qualche ora di sole cocente, sbuchiamo all'improvviso sull'altopiano delle Pale di San Martino, un deserto di roccia che, da questo lato, appare pieno di allegre lentiggini in movimento. Sulla destra troneggia la Rosetta, per quanto tristemente domata dalla stazione d'arrivo della funivia: ci riproponiamo di risalirne la vetta al ritorno, raggiungiamo invece il Rifugio Pedrotti (2581m), dietro cui ci sediamo per il primo pasto in quota che, come da tradizione, è costituito da pan fresco, formajo e salado, con il vento tagliente nonostante il sole a picco e qualche uccellino temerario come commensali.



(Clicca per ingrandire) L'arrivo del sentiero 701, in vista del Rifugio Pedrotti (2581m).


(Clicca per ingrandire) Da sinistra a destra: la Rosetta (2743m), il rif. Pedrotti e Cima Corona (2768m).


Primo pranzo in quota, domenica 17 luglio, 14:00 circa: in pianura si sfrigola come carne alla brace, qui... Sciarpa, guanti e cappello! Paradiso.

       Una volta soddisfatta la fame, non vediamo l'ora di rimetterci in marcia per sfuggire dall'affollamento turistico e chiassoso. Il desertico altopiano si dispiega innanzi ai nostri occhi, non ne vediamo la fine, un'immensa distesa di sassi, un mare immobile di ossa frantumate, bianchissime e spolpate dal tempo: sono pochi i luoghi in cui la natura sedimentaria e cangiante delle Dolomiti appare così chiara e inevitabile. È una stasi solo apparente dietro cui invece germinano in continuazione i semi del perpetuo divenire delle cose, la distesa di detriti fu vette affilate ed è foriera di ciò in cui i nostri amati (ed apparentemente eterni) profili rocciosi sono destinati a trasformarsi: una lezione di umiltà libera da qualsiasi umana moralità.
       Prendiamo il sentiero 707 e ci inoltriamo verso est: mano a mano che ci allontaniamo dal rifugio e dalla funivia, il numero di persone incontrate diminuiscono esponenzialmente e nel giro di un'oretta siamo completamente soli. Un'altra ora e il Pedrotti è a malapena distinguibile all'orizzonte, mentre il deserto sembra non finire mai, dietro ad ogni duna sassosa altre cento ne spuntano. A sud spunta il lacrimoso ex-ghiacciaio della Fradusta, che sembra destinato a sparire nei prossimi anni, mentre a nord-ovest spuntano le guglie più ardite del Gruppo. Il sentiero non è che un susseguirsi di segni biancorossi in mezzo ai detriti, discretamente segnato nel complesso, meglio però non trovarsi in questi luoghi con la nebbia. La massa vociferante di prima sembra uno scherzo della memoria, ora parliamo sottovoce e lo stretto necessario.


Faccia a faccia col deserto, all'inizio della traversata seguendo la traccia 707.


A nord-ovest, le Pale attorno alla loro regina Vezzana (3192m).


L'ex-ghiacciaio della Fradusta, penosamente ridotto nelle sue dimensioni e massa.


(Clicca per ingrandire) Nel mezzo del deserto d'ossi.

       Dopo circa 3 ore dal rifugio, ecco che l'altopiano comincia lentamente a inclinarsi e a lasciare intravedere picchi e boschi appartenenti ad altri distretti montuosi, più a est. Cominciamo a scendere di quota, tra laghetti di fusione e viste mozzafiato, sempre senza incontrare anima viva. Le nuvole si stagliano alte sopra le nostre teste, cariche ma benevole, tanto che talvolta ci lasciano intravedere il sole del pomeriggio ormai inoltrato. Giungiamo alle propaggini sud-orientali dell'altopiano e, dalla Forcella del Mièl (2520m), ammiriamo la Croda Granda (2849m) stagliarsi nella luce tagliente del giovane tramonto, altra regina circondata da sudditi pinnacoli.


L'altopiano degrada, lo sguardo spazia più a oriente: ecco re Agner (2872m) svettare con intento vigile sui gruppi dolomitici che lo circondano.


La Croda Granda (2849m) al centro e i picchi circostanti visti dalla Forcella del Mièl (2520m).


L'enrosadira pomeridiana si rivela sui versanti delle guglie esposte al tramonto imminente.

       Restiamo ad ammirare lo spettacolo per qualche minuto, ma le ombre si allungano velocemente e ci inducono a proseguire: imbocchiamo dunque il sentiero 705, che mena al punto di bivacco per la prima notte, el Pian del Mièl (1866m), discendendo l'impressionante vallone del mièl, una sorta di cratere immenso, cinto da spaventosi costoni verticali e trasudanti d'acqua. Mi si conceda una digressione riguardo alla scelta dei punti di bivacco: quando pianifico escursioni di più giorni, dedico attenzione e molto tempo allo studio delle cartine per stabilire dove pernottare. Giriamo in tenda per riconnetterci quanto più possibile con la Natura e i suoi ritmi, tuttavia ciò non implica che si possa dormire ovunque: preferisco scegliere luoghi in prossimità di ruderi o casère, perché non voglio invadere territori che non credo sia giusto sentire come miei e lasciare la Natura incontaminata tale nel rispetto dei suoi abitanti, sfruttando invece le rotte e i luoghi che da secoli ospitano insediamenti umani. Senza contare che l'esistenza di ruderi o malghe è per me una conferma della relativa sicurezza e buona esposizione del posto di bivacco. Indubbiamente riferisco questa filosofia al mio operare soltanto e non escludo che in futuro, una volta ottenuta più esperienza, io possa concedermi di lasciare il tratto già calpestato, ma per ora preferisco riconoscere ed accettare i miei limiti.


Forcella del Mièl (2520m), da cui si distacca il sentiero 705, che scende per l'impressionante vallone del mièl.


Discendendo l'eterno vallone del mièl, cinto da umidi costoni di dolomia.


Finalmente in vista del Pian del Mièl (1866m), le ginocchia gioiscono! In fondo svettano gli erbosi pendii dei Lastei di Pape.
A destra, l'immenso Civetta (3220m) fa capolino da dietro alla Quarta Pala di San Lucano (2263m).


       Arriviamo al pianoro erboso e constatiamo con soddisfazione d'averci azzeccato: l'erba soffice e rigogliosa copre una delle sorgenti del torrente Tegnàs, v'è un soffuso brusio acquoso nell'aria, un discreto invito a trovarne la fonte, che mio fratello non manca di accettare: da bravo ex-scout, si avvia di nuovo su per il versante nord del vallone, presto nascosto da mughi e radi larici. Anche Daniele si avvia verso la direzione opposta, discendendo ulteriormente, con la medesima intenzione, lasciandomi solo a fare foto per un lasso di tempo indefinito in cui ho il privilegio di assistere al divampare dell'incendio cromatico del tramonto dolomitico, di poco seguito dal sorgere di una luna grande e piena di rosea espressione. È silenzio e di nuovo moto vivo, inesorabile e invisibile, proprio delle cose giuste e sane.
       D'un tratto un grido che gioiosamente rimbalza sulle pareti dell'anfiteatro, è Riccardo che chiede che gli si portino bottiglie. Daniele, tornato a mani vuote pochi istanti prima, si avvia nella direzione da cui proviene la voce. Indulgo qualche istante ancora, ma l'intimità è compromessa, le leggi della bellezza tornano a essermi segrete, spaventate da tanta umanità.


Arrivando al Pian del Mièl (1866m), l'ampio vallone ci protegge le spalle.


Tirando il fiato prima di partire alla ricerca della sorgente, che si trova in prossimità delle grotte carsiche che si vedono in alto a destra.


Le Pale di San Lucano viste dalla radura appena raggiunta.


Il Sass de le Snare (2708m) poco prima di coricarsi nel blu della notte.

       I miei compagni tornano con le bottiglie piene e iniziamo a sistemarci per la notte. Mentre Ricky accende il fuoco per scaldarci, io e Daniele montiamo la tenda e predisponiamo dei sassi a mo' di sedie e mettiamo su l'acqua per la pasta. L'oscurità scende discreta e serena, scrigno tempestato di stelle, dentro cui ci raccontiamo storie e aneddoti e ridiamo felici, dopo tanto tempo, di sentirci tranquilli e spensierati. Le ore scivolano via, si fa tardi, la fiamma si stanca del nostro chiacchierare e ci lascia con i tizzoni suoi figli. È ormai ora di dormire perché, a quanto si dice tra i camminatori, "il secondo giorno è sempre il più duro". Per cui ci alziamo dagli scranni di pietra, congediamo le braci con una pissáda di gruppo e andiamo a goderci l'ampia suite a cinque stelle da noi edificata poche ore prima.


Allestendo il campo, mentre il giorno si spegne.

GIORNO 2

       Non l'allarme, ma i raggi caldi e imbottiti d'afa ci svegliano ad alba inoltrata, bussando con insistenza sul telo della tenda. Gli oltre 1800 metri di quota nulla possono contro il sole di metà luglio a queste latitudini. Usciamo, facciamo una frugale colazione e smontiamo il campo. Le spalle protestano contro i quasi venti chili che troppo presto sono addossati contro di esse, i muscoli delle gambe non disdegnerebbero ancora qualche ora di riposo, ma non ci conviene indugiare, il percorso si prospetta lungo e impegnativo. Ci avviamo quindi lungo il sentiero 705, abbassandoci inesorabilmente, attenti a non scivolare a causa dei ciuffi d'erba umida. Lungo la via incrociamo un mountain runner che, con una bottiglietta da mezzo litro soltanto, sta correndo su fino al pianoro: sfreccia agile sul tratto che noi, bufali zaino-muniti, troviamo ostico, fugace apparizione color giallo evidenziatore nelle tinte brune profonde del bosco sempre più fitto. Poco prima di terminare il 705, eccolo riapparirci alle spalle: è arrivato in cima e sta già tornando giù in paese. Sbalorditivo!


Smontando il campo.


La grandiosa valle di San Lucano vista dal sentiero 705.


Uno sguardo di saluto verso le crode che ci hanno incantato e tenuto compagnia il primo giorno.


       Sbuchiamo dopo circa tre ore sulla via Tilmann, una strada forestale ben tenuta, che seguiamo in discesa fino a poco prima della frazione Molini (858m). Ci fermiamo in corrispondenza di un gruppo di casette, dove troviamo una fontana a cui abbeverarci e rimpinguare le riserve d'acqua. A questo punto, vista la comodità della postazione, decidiamo di pranzare sotto degli abeti rossi lì vicino: ci concediamo delle piadine fredde con sopra spalmati conserva di pomodoro, tonno e formaggio, un cocktail a dir poco bestiale che esige pennichella post-prandiale. Distendiamo quindi le stuoie sugli aghi e ci lasciamo valicare dalle formiche locali per una mezz'ora almeno, nella quiete più assoluta, cullati dagli scrosci gentili del torrente Bordina.


Poco prima di Molini (858m), decidiamo di pranzare all'inizio del sentiero che si stacca a sinistra della strada asfaltata.

       L'idillio viene interrotto da uno scalpitante Daniele, impaziente di rimettersi in marcia, in aperto contrasto con i ritmi circadiani miei e di mio fratello. Tant'è, il disturbatore ha buone ragioni per voler partire, come si vedrà in seguito. Ci avviamo dunque lungo il sentiero che riconduce alla via Tilmann, che questa volta percorriamo verso nord, in dolce pendenza fino all'imboccatura del sentiero 761. Un'ascesa per nulla difficoltosa, in quanto il dislivello è distribuito in maniera costante lungo il percorso, ma decisamente rallentata a causa della quantità incredibile di fragoline di bosco a cui personalmente non ho saputo resistere! In realtà si tratta di una mulattiera, forse carrabile dai malgari, per tutta la sua estensione. L'obiettivo della giornata è riportarci in quota e pernottare alla casera Campigát (1805m), accampandoci in prossimità delle malghe.
       Poco prima di arrivare in forcella il tempo si guasta e comincia a piovere, per cui ci fermiamo, indossiamo le mantelline e riprendiamo la marcia a passo più spedito. Dopo qualche minuto si rivela essere un falso allarme, perché smette di piovere e non sembra voler continuare. Arriviamo finalmente alla vista del passo e, dopo tanti alberi, ecco rispuntare le guglie delle Pale di San Martino. Raggiungiamo la porta d'entrata della casera Campigát, spingiamo ed essa si fa docilmente da parte. Troviamo un ambiente accogliente, con tanto di libro di bivacco, fornello con bombola di gas (!!!) e lavabo con acqua corrente. Sono circa le 17:30 di pomeriggio, il tempo rimane incerto, per cui scegliamo di passare la notte in casera.
       Sollevati dall'incombenza di doverci accampare, Daniele va a concimare il suolo munito di un rotolo di carta igienica, Riccardo esplora il luogo con intenti meno fisiologici e io mi prendo qualche minuto di riposo al coperto. Dopo poco la porta si apre e Ricky mi vuole fuori, con la macchina fotografica: mi avvio con lui verso la sommità della forcella, gli steli d'erba alta e bagnata che inzuppano i pantaloni appena cambiati. Arrivato in cima alla collinetta mi trovo d'accordo con l'intuizione di mio fratello, punto l'obiettivo e aspetto che il momento giusto spinga il mio indice in basso.


Arrivando alla casera Campigát (1805m) dal sentiero 761.


Salutando la muraglia di canne d'organo della Marmolada. In basso a sinistra, il villaggio di Gares (1381m).


Squarcio d'oro tra le coltri piovose.

       Il tempo comincia a guastarsi nuovamente, il sordo brontolare dei tuoni si fa più deciso e ci spinge a ripiegare in casera. Nel momento in cui chiudiamo l'uscio ecco che le cataratte del cielo si aprono con fragore temporalesco, ma non c'è tempo per romantiche e sublimi fascinazioni, il pensiero va subito a Daniele che, con buona probabilità, sta assistendo all'improvvisa esplosione pluviale a braghe abbassate, ed è subito rotolarsi sul pavimento dalle risate. Pochi istanti dopo eccolo rientrare, preceduto da svariati santi e madonne, intirizzito e bagnato, seguito da una scia di carta igienica zuppa (d'acqua!). Povero Dani, e pensare che eri stato tu a far pressione perché non sostassimo troppo a lungo per pranzo!
       Smaltita la dose di borèsso, siamo assaliti da un po' di preoccupazione: il temporale è forte, comincia a grandinare e, con la poca linea telefonica a disposizione, scopriamo che secondo le previsioni anche domani dovremmo aspettarcelo. Discutiamo quindi sul da farsi: scendere a Gares e, da lì, in qualche modo, ritornare alla macchina? L'idea di attraversare l'altopiano per un sentiero mai percorso prima con scarsa visibilità e temporale non attrae nessuno di noi. Il ragionare ci spinge però a realizzare che la mattina, in montagna, è quasi sempre sereno, per cui decidiamo di andare a letto presto e partire prima dell'alba all'indomani lungo il percorso stabilito, in modo da rientrare a San Martino prima che il caldo della pianura spinga nuvole esasperate a scontrarsi in quota. Mangiamo una buona dose di zuppa a testa, il clima è meno disteso della notte precedente, chi ha assistito a burrasche in montagna indovinerà il perché. Una volta a stomaco pieno (sono circa le 20:00, fuori è ancora chiaro), ci chiudiamo nei sacchi a pelo e ci addormentiamo in un battibaleno.

GIORNO 3

       La sveglia suona ed è come una forbice che tagli un elastico teso, saltiamo in piedi aspettandoci di tutto. Fortunatamente fuori il cielo è terso e pieno di stelle, solo a est intravedo un fioco bagliore d'alba. Sollevati dalla pace assoluta che ci circonda, non sentiamo nemmeno il peso degli zaini e riprendiamo nella fredda aria crepuscolare il sentiero 761, che questa volta si impenna più deciso, la traccia scavata nella roccia nera e ferrosa che costituisce lo zoccolo su cui poggiano i castelli di corallo fossile verso cui ci dirigiamo. Nel giro di una mezz'ora ecco spuntare il sole, questa volta gentile e graduale (ma deciso) nel bagnarci di luce, rivelando l'incanto che è attorno a noi, risvegliando i colori e la profondità delle distanze: raggi lunghi e innumerevoli, ce n'è uno per ogni angolo, anfratto o villaggio, che prima o poi decreta l'inizio di un nuovo giorno. Le rocce riverberano indescrivibili il calore balsamico, di nuovo sento le radici invisibili che corrono lungo la nostra schiena, le nostre gambe e poi giù, fino al midollo della terra, così discrete eppure così vere, troppo spesso costrette dentro a scarpe eleganti rinchiuse in uffici di calcestruzzo. Camminiamo nel miracolo, gli arbusti cedono il posto all'erba e l'erba ai sassi, le asperità collinose somigliano nuovamente a tumuli di tempo pietrificato lungo i cui versanti noi camminiamo, balzando dentro e fuori dalle loro ombre.


Se non è un buongiorno questo...


Enrosadira mattutina, il giardino delle rose è anche qui.


Il sentiero 761, che rimane una mulattiera per quasi tutta la sua estensione, ci riconduce all'altopiano.

       Dopo tre ore abbondanti dalla partenza e dopo aver lasciato il 761 in favore del sentiero 756, eccoci risederci sulle panche del rifugio Pedrotti, questa intenzionati a non lasciare il posto senza aver prima assaggiato una fetta di torta. Sono circa le 10:00, a merenda fatta depositiamo gli zaini in rifugio e saliamo fino a cima Rosetta (2743m). Come due giorni prima, anche oggi è carica di persone di tutti i tipi e poco conserva dell'impervia natura originaria, specie se confrontata ai luoghi da cui proveniamo. Tuttavia, il panorama dalla cima è mozzafiato, dal Grappa a Cima d'Asta al Lagorai nord-orientale a Asiago, si vede tutto. Il mio sguardo però è maggiormente attratto dal deserto che per due volte abbiamo attraversato, che finalmente riesco quasi a circoscrivere con lo sguardo: sento che bonariamente si finge domato dai nostri scarponi e lo ringrazio per l'illusione che si diverte a concederci.


(Clicca per ingrandire) l'altopiano visto da 200m più in alto, riesco ancora a vederci nuotare in quell'immenso mare di pietra.

       Raggiunta la quota massima della traversata, torniamo al rifugio, recuperiamo gli zaini e ci avviamo lesti, canterini e a cuor leggero, giù per il sentiero 702, che si inabissa nella val di Roda: inizia ora la parte più dura della 3 giorni, una serie infinita di tornantini spezza-ginocchia (a poco servono i bastoncini) sotto il sole di mezzogiorno. Sembra che le Pale si divertano a scapito del camminatore replicando in verticale l'eterna successione di dune di pietra del deserto altipiano. Una discesa ripida, che a lungo andare rende quasi irritante la bellezza assurda dei luoghi cinti dal sentiero, che nella loro immensità sembrano non muoversi di un millimetro nonostante i chilometri macinati dalle gambe sempre più stanche.
       Attraversiamo una galleria che perfora un torrione roccioso, dietro cui crolliamo e tiriamo fuori dagli zaini il cibo rimasto: ancora piadine, pomodoro, tonno e formaggio. Dividiamo equamente e sbraniamo tutto (sono le 15:00 passate) e ci rimettiamo subito in marcia. L'intenso dolore alle gambe e ora anche ai piedi ci spinge semplicemente a bramare l'arrivo, per cui camminiamo di buona lena fino a che il 702 sbocca sulla forestale che porta agli impianti di risalita dove abbiamo parcheggiato. Camminiamo risoluti e acciaccati, ricominciamo ad incrociare persone, tutte rigorosamente senza zaino, il che mi spinge a indirizzargli pensieri forse non troppo lucidi ma sicuramente piuttosto acidi, fino a che usciamo dal bosco e raggiungiamo la macchina. La frustrazione scompare, sostituita dalla gioia di sapere che siamo arrivati, che il tempo e le nostre gambe hanno tenuto, che niente è andato storto, che in poche parole... Ce l'abbiamo fatta!


Verticalità inconcepibili sono gli ultimi ricordi di questa splendida 3 giorni.

       Ci concediamo il lusso di una bibita in un bar all'aperto del paese, guardando soddisfatti le guglie che ora troneggiano minacciose, coronate da nubi pesanti e dense. Infine saliamo in macchina, mettiamo in moto e torniamo all'afosa pianura, con un gomitolo di emozioni nello stomaco, che francamente spero di non digerire troppo presto.

       (Spero che il taglio narrativo piuttosto che tecnico della mia relazione non vi appaia fuori luogo, ma quando leggo delle vostre imprese non sono i chilometri né il dislivello che mi rimangono dentro, quanto piuttosto ciò che avete pensato e provato lungo quelle lunghezze e quelle pendenze. Penso che questa sia l'essenza dell'andar per monti. Grazie per aver letto fino in fondo. Ed ora, vai coi numeri..! ;D ) 

PERCORSO:

Giorno 1 - 13km, 1400m disl.
Giorno 2 - 16km, 1200m disl.
Giorno 3 - 22km, 1200m disl.

Totale 50km, 3800m disl.

Matteo Nicolin

La realtà è il cinque per cento della vita. L'uomo deve sognare per salvarsi.

Walter Bonatti


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Offline AGH

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #1 il: 03/10/2016 21:59 »
Meraviglia Matteo!!! Senza parole...
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Offline Oma

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #2 il: 03/10/2016 22:25 »
Foto e luoghi fantastici, gran bella impresa :D  complimenti!!  :)

Offline danj

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #3 il: 04/10/2016 09:45 »
Complimenti per tutto: il giro, la lirica, le foto... ma soprattutto la sensibilità e l'amore per i monti!

Offline Daniele

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #4 il: 04/10/2016 11:13 »
Decisamente piacevole il racconto, non manca in me un filo d'invidia per l'ottima trasposizione  :)

Offline edel

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #5 il: 04/10/2016 14:00 »
Citazione
quando leggo delle vostre imprese non sono i chilometri né il dislivello che mi rimangono dentro, quanto piuttosto ciò che avete pensato e provato lungo quelle lunghezze e quelle pendenze. Penso che questa sia l'essenza dell'andar per monti. 

Condivido in pieno Matteo  :)  Un plauso a tutti per questo bellissimo trekking in luoghi favolosi, un complimento particolare a te per come ce l'hai narrato, dove traspare emozione e grande passione per la montagna.

Offline DDT

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #6 il: 04/10/2016 18:50 »
Complimenti!
Bella l'esposizione come pure l'idea di frequentare sentieri poco battuti sulle Pale!

Offline bandurko

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #7 il: 04/10/2016 23:51 »
Questa sera, nel tempo che solitamente dedico alla lettura, ho lasciato il libro sul comodino e l'ho sostituito con la tua relazione. È stato un vero piacere, bravo! Torna presto a girovagare e relaziona ancora.

Offline Alex Bear

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #8 il: 05/10/2016 14:33 »
Bravo Matteo, bella relazione! Le Pale le ho solcate molto pure io e mi prendono tanto diciamo mai sazio!  :D

Offline Gianca

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #9 il: 05/10/2016 15:22 »
Complimenti per tutto, racconto e foto, bellissimo giro in posti che conosco solo marginalmente.

Offline SPIDI

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #10 il: 05/10/2016 18:10 »
Complimenti per il grande giro, le foto, e per il racconto, sei riuscito a trasmettere la tua grande passione a chi legge  :)
Le Pale sono bellissime te lo dice uno che a suo tempo le ha percorse in lungo e in largo  ;)
Bisogna andare dove pochi sono andati per vedere   
ciò che pochi hanno visto

Offline piesospinto

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #11 il: 05/10/2016 19:27 »
Bellissimo racconto, bravo!.
L'ho letto senza guardare le foto per assaporarlo senza distrazioni. Ti invidio per questa capacità di raccontare, con un misto di poesia e leggerezza.
E belle anche le foto, ovviamente (che, confesso, avevo guardato prima  ;D )
Mauro

Offline Matteo Nicolin

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #12 il: 05/10/2016 20:33 »
Grazie a tutti amici, per la risposta positiva e per il calore della passione che ci accomuna! :)
Non tornerò in Italia prima di Natale, fino ad allora mi accontenterò di leggere delle vostre belle imprese, cercherò di rifarmi durante le vacanze!
Matteo Nicolin

La realtà è il cinque per cento della vita. L'uomo deve sognare per salvarsi.

Walter Bonatti


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Offline trabuccone

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #13 il: 09/10/2016 17:29 »
Complimenti Matteo! Bellissimo report, hai una capacità narrativa da paura! Aspettiamo un bel libro di racconti a questo punto  ;D
per sempre oppressi da desiderio e ambizione c'e' una fame non ancora soddisfatta,
i nostri occhi stanchi ancora vagano all'orizzonte sebbene abbiamo percorso questa strada così tante volte

Offline enry69

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Re:[PALE DI S. MARTINO] Trekking di 3gg ad anello
« Risposta #14 il: 10/10/2016 16:00 »
Mi unisco ai complimenti, invidioso e molto emozionato dopo lettura di questo meraviglioso report. Gita bellissima in questo enorme parco giochi. E foto eloquentissime.
"Tra le montagne mi sforzo di perfezionarmi fisicamente e spiritualmente. In loro presenza cerco di capire la mia vita, di neutralizzare la vanità, l'avidità, la paura. Esamino il mio passato, sogno il futuro e avverto in maniera particolarmente acuta il presente. Ad ogni impresa rinasco".  AB