Salendo la Che Guevara al Monte Casale
Non so perché, ma mi ero fatto l’idea che la
ferrata Che Guevara, che si inerpica sulla grandiosa
parete est del Monte Casale, fosse molto impegnativa. Quindi proibita per me che, alpinisticamente parlando, sono una vera schiappa. Avevo in passato orecchiato distrattamente vari pareri e impressioni, ma siccome le ferrate in genere non mi attizzano granché non avevo approfondito più di tanto. Fino a che Climbalone, che ringrazio
, qui sul forum non mi ha messo la pulce nell’orecchio: “E’ alla tua portata”. Ho letto allora un po’ di relazioni in rete, visto un po’ di foto. Non pareva così terribile in effetti. Le relazioni e i commenti insistevano sulla pesantezza del
dislivello di 1400 metri, che però essendo abbastanza allenato quest’anno era la cosa che mi preoccupava di meno
. Quello che mi dà noia sono infatti le forti esposizioni e la precarietà degli appigli.
Prima parte della ferrata, sopra la cava
Quindi, prima di chiudere la stagione escursionistica, decido di provare. Parto per essere alle 7.30 a Sarche dove ho appuntamento con Gaby che mi accompagna nella salita. Il tempo, contrariamente alle previsioni, purtroppo è pessimo: una nuvolaglia estesa copre tutto il cielo e nasconde la cima del Monte Casale. Viste le poche ore luce del periodo, portiamo
una macchina poco prima del tunnel sulla strada che da Sarche sale a Tione, che permette di risparmiare un’ora di noioso rientro sul fondovalle. Quindi, inveendo contro Meteotrentino, raggiungiamo Pietramurata dove parcheggiamo. A piedi attraversiamo l’orrenda zona dei capannoni industriali, uno squallore come pochi, per prendere il sentierino che porta all’attacco della ferrata dopo una breve salita nel bosco. Ci imbraghiamo. L’inizio è subito verticale (come succede spesso nelle ferrate per scoraggiare i novizi troppo avventati), che però superiamo (supero) senza grossi problemi
Il “salto nel vuoto” è già bello altino, 200 metri di “volo” sopra la cava ma poi, salendo, le pareti sono spesso “appoggiate” e non si ha quasi mai la sensazione del vuoto incombente.
Nonno Agh aggrappato alla fune
)
Alcuni brevi tratti verticali con pochi appigli sono superati -fanculo lo stile- tirandosi su con le braccia attaccati al cavo. L’immensa parete che sta sopra le nostre teste fa veramente impressione, per non parlare della altissima parete verticale che troneggia a fianco verso nord. La via attrezzata si sposta quindi verso l’impluvio al centro della parete, sopra il conoide da dove saliva il vecchio tracciato “mangiato” dalla cava. Bello il colpo d’occhio sul
Lago di Toblino poco distante.
La zona delle placche
Teniamo d’occhio gli altimetri: si guadagna quota abbastanza agevolmente, percorrendo cengette, traversi, canalini e anche con qualche tratto a piedi dove si rifiata e che raccorda i vari “muri”. Nulla di particolarmente difficile. Certo, guardando giù l’esposizione c’è, i camion della cava sembrano giocattolini
Pochi i tratti verticali, la parete è spesso "appoggiata" quindi non così vertiginosa
Si rifiata su uno dei traversi in cengia, sullo sfondo il Lago di Toblino
Un tratto piuttosto ripido
Arriva la zona delle placche: sono lisce come il cemento, per fortuna però è tutto “staffato” in abbondanza, quindi si sale senza problemi e si supera quest’ultimo tratto leggermente più impegnativo.
Le numerose staffe sulle placconate lisce come il cemento
Lago di Toblino
Quasi prima di quel che ci aspettassimo, arriviamo al
libro di vetta: una cassettina sotto a un cengione, dove ci togliamo gli imbraghi. Ora il percorso gira sotto la parete verso sud, arrampicando con pendenza modeste un bosco un po’ disagevole, con
alcuni tratti attrezzati per superare dei salti di roccia. Il tempo continua ad essere pessimo, siamo rassegnati a vagare in cima tra le nebbie quando scorgiamo nel cielo una finestra insperata d’azzurro. A circa 1500 metri, poco prima di sbucare sui meravigliosi prati della cima del Monte Casale, “sfondiamo” il tetto di nuvole e siamo sopra ad un meraviglioso mare di nuvole. Che gioia insperata!
Al di sopra delle nuvole
L'uscita della ferrata poco a sud dalla cima del Monte Casale
Non siamo neppure stanchi anzi, siamo ancora freschi come boccioli di rosa
). Che bello essere allenati!!! Guadagnamo rapidamente la croce di vetta, quindi la cima pianeggiante poco distante, estasiati dal paesaggio fantastico del mare di nuvole sotto di noi.
Sulla vetta del Monte Casale m 1631
Carè Alto visto dalla vetta del M. Casale
Ciliegina sulla torta, ecco apparire improvvisamente lo
Spettro di Brocken! E sono tre quest’anno!
Dopo le foto di rito e la sosta panini, non si vorrebbe proprio scendere.
Spettro di Brocken! E sono tre in una sola stagione
Vista sul Brenta
Biker sulla cima, ovviamente salito da Comano
Nebbie sotto alla cima del Casale
Bikers sulla vetta, sullo sfondo le Tre Cime del Bondone
Ultimi sguardi al panorama da sogno
A malincuore prendiamo la vita del ritorno presso il Rif. Don Zio da dove parte il
sentiero 427, dapprima un traversone quasi pianeggiante ma poi molto insidioso e faticoso per la fanghiglia scivolosa e i sassi sotto le foglie nel bosco abbastanza ripido. Per fortuna abbiamo portato i bastoncini che in casi simili sono una vera manna. Si cala così lentamente e lungamente per il sentiero che ci porta direttamente al tornante dove abbiamo lasciato la 2a macchina al mattino.
Vista verso sud dalla vetta del Monte Casale
Conclusioni: itinerario tecnicamente abbastanza facile, abbastanza esposto, privo di grosse difficoltà ma che richiede comunque un minimo di capacità alpinistiche. Il dislivello non banale richiede un buon allenamento fisico. Rientro lungo e per sentiero disagevole per il versante nord per Sarche, molto utili i bastoncini. Portarsi scorte d’acqua adeguate (2,5 litri). Dislivello 1400, sviluppo circa 12 km. Salita circa 4 ore con calma, discesa 2,30.
Il percorso