Finalmente oltrapassiamo la barriera rocciosa e ci affacciamo su Cadino Alto, a sbalzo sulla Val d'Adige... Viste le previsioni che davano acqua, ieri abbiamo fatto un'escursione a bassa quota che però si è rivelata davvero sorprendente! Siamo scesi nell'
incredibile cratere del Cadino Alto.
Ecco la relazione, scusate la lunghezza ma mi sono fatto prendere un po' la mano, mai visto un posto più strano...

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Avevamo adocchiato varie volte questo
strano cratere tra Salorno e Faedo, che sprofonda in un curioso "catino" circondato da rocce altissime e che, sul versante a valle, da' su un discreto precipizio sulla Val d'Adige. Un luogo all'apparenza inaccessibile. E che pure aveva, sul fondo del cratere in alcune radure tra la boscaglia fittissima e selvaggia, le tracce di presenza umana: un maso e degli appezzamenti coltivati. Ma come arrivarci?
Studiando un po' le carte e Google Earth, c'è un sentiero ardito a nord, e una strada bianca privata a ovest come unico punto di accesso che però, ci avvisava il buon Nantes qui nel forum, era sbarrata nel punto cruciale da una
galleria scavata nella roccia, chiusa da una pesante cancellata. Pare che il proprietario l'abbia fatta costruire a sue spese, per poter accedere ai suoi appezzamenti coltivati a vigna. Un misantropo? Un eremita? Un ciclope? Chi poteva andare a coltivar la terra in un posto simile?

Con questi interrogativi partiamo da sopra Salorno, alzandoci di quota per risparmiare un po' di dislivello viste le previsioni meteo infauste (poi rivelatesi fallaci). Andiamo fino al
Maso Maierhoferhof m 563, dove lasciamo l'auto in un piccolo spiazzo. Faremo un tratto del "
Durerweg", il sentiero del Durer, il famoso artista tedesco che, come altri viandanti dell'epoca che viaggiavano per la val d'Adige, era
costretto a superare il tratto alluvionato nella zona di S. Michele alzandosi in quota, per raggiungere il Passo Sauch e quindi ridiscendere nuovamente a valle. Anticamente, infatti, le acque impetuose del
torrente Noce, dopo aver attraversato rapidamente la Piana Rotaliana, si gettavano nel
fiume Adige nei pressi del Ponte di S. Michele, provocando il
riflusso verso nord del grande fiume e allagando la pianura fino a Salorno o Egna. L'unico modo per passare era quindi prendere i sentieri che risalivano i
Monti di Cembra.
Si traversa rapidamente la
Val Fredda quindi per una bella stradella si sale con pendenze modeste tra boschi e radure. Si arriva così senza problemi al
Passo Sauch m 946, dove c'è anche il rifugio (chiuso) con una bella spianata erbosa. Poco più avanti, su delle colline pratose, il famoso "
Roccolo Mosaner", autentico
monumento vegetale che un tempo era utilizzato per catturare gli uccelli di passo.
Raggiungiamo quindi in breve il
Passo della Craccola circa 1000 mt, dove ci coglie la malsana idea di deviare per andare a vedere "La Malga" a quota 1043. Sbagliamo strada, grazie anche all'
abominevole carta Kompass in scala 1:35.000, e ci inerpichiamo sul
Monte Basso m 1014, non trovando ovviamente nessuna malga. Siccome ci scocciava tornare indietro, caliamo alla vigliacca per la boscaglia. Mal ce ne incolse. La traccia si perde rapidamente, mentre il bosco fittissimo è sbarrato da decine di alberi crollati. Attraversiamo non senza difficoltà una specie di jungla amazzonica, poi intercettiamo un sentiero: salvi! Col cavolo, la stradella rientra sì verso la
Pineta di Faedo ma, ogni 10 metri, ci sono grossi alberi che ostruiscono la stretta carreggiata. Strisciando come pantegane sotto rami e ramaglie, riusciamo a passare, duramente provati perché nel frattempo è uscito un caldo bestia.
Vorremmo andare a vedere il
biotopo Lagabrun, che dovrebbe essere non troppo distante, ma decidiamo di accorciare i tempi per il timore di prendere sulla crapa gli annunciati temporali (che invece non ci saranno). Ci rifocilliamo sui tavoli di un baito col solito pranzo al sacco e poi riprendiamo la marcia. Dopo un tratto di sentiero, arriviamo fianalmente sulla
strada sterrata che dovrebbe condurci all'ingresso del cratere: dopo svariati chilometri sotto il sole cocente, costeggiando il
Rio Secco (dove c'è la ferrata omonima) arriviamo in uno slargo dove c'è l'
imbocco del tunnel nella roccia. Che però è sbarrato completamente da una pesante cancellata. Impossibile passare. C'è perfino un citofono all'ingresso, forse delle telecamere a circuito chiuso(?). Torniamo indietro di poco e prendiamo il
sentiero 408. In una piazzola più in alto possiamo finalmente ammirare lo spettacolo del cratere, circondato da altissime rocce che precipitano a picco. Proviamo a vedere se c'è qualche possibilità di discesa ma sotto i roccioni c'è un salto di almeno 50-70 metri, impossibile scendere senza corde. Osserviamo da lontano i masi, che sembrano deserti e abbandonati.
Riprendiamo quindi il sentiero che, con un largo giro, percorre il ripidissimo fianco ovest del
Dosson m 740 quindi, con aerea vista sulla
Piana Rotaliana, per una cengia ci abbassiamo di quota fino a che, con un altro cengione roccioso un poco esposto, caliamo ancpra entrando finalmente sul fondo del cratere, ammantato di una fittissima boscaglia. Non c'è nessuno, non si odono rumori. O meglio, si sentono dei versi di strani animali, tipo jungla. Ad un tratto ci pare di sentire il tipico verso di una scimmia...
Ma dove siamo capitati? Attraversiamo la boscaglia seguendo l'esile traccia nella boscaglia, sicuramente percorsa da nessuno da parecchio tempo, visti i rami e gli alberi che ingombrano la marcia. Ci avviciniamo un po' timorosi in direzione dei masi, che ancora non riusciamo a vedere per via della boscaglia. Ci sarà gente ostile e ringhiosa?
Sbuchiamo in un vigneto, deserto ma ben curato. Hanno già vendemmiato, sulle vigne non c'è neppure un chicco d'uva. Finalmente arriviamo in una grande e bellissima radura; quelli che da lontano ci sembravano dei masi sono in realtà
due fabbricati-officina assai brutti, coi dintorni pieni di rottami di ogni tipo, attrezzi agricoli e materiale da cantiere ammassato alla bell'e meglio.
Poco distante, una
casona fatiscente che un tempo dev'essere stata bellissima, emerge faticosamente dalla vegetazione: si vede un affresco sul frontone, delle strane finestre a mezzaluna. La scalinata davanti è invasa da cespugli, le piante hanno invaso tutto. A giudicare dalla grandezza degli alberi cresciuti a ridosso dell'edificio, la casa sarà abbandonata da almeno 40 anni. Poco distante ci sono piante di fico, pero, noce e alcuni grandi castagni. Non un'anima intorno. Silenzio assoluto.
Sarebbe un posto davvero fantastico se non ci fossero rottami sparsi dappertutto e fosse tenuto un po' meglio. La casona era forse, anticamente, un ristoro per i viandanti, va' a sapere. Il sentiero prosegue accanto al vigneto, poi in un'ultima radura vediamo una stramba villetta anni '60, a pianta esagonale, piuttosto malridotta, probabile dimora estiva dei contadini quando salgono quassù a curare la campagna. Non c'è nessuno neanche qui, tutto deserto. Sul retro della casetta il bosco è delimitato da bambù alti 5 o 6 metri. Che posto davvero strambo: siamo circondati dalle pareti rocciose che impediscono qualsiasi visuale sull'orizzonte, con una sensazione vagamente claustrofobica, quasi come sospesi nel tempo. Sta a vedere che dal bosco ora esce un tirannosauro

E' ora di tornare. Imbocchiamo il sentiero che ci riporta a valle evitando il precipizio, e calando ripido per un costone disagevole, ci porta fino ai vigneti del fondovalle dove abbiamo una delle macchine nel parcheggio della pista ciclabile, con la quale andiamo a recuperare l'auto alla partenza.
Chissà chi usava questi sentieri "assurdi", e soprattutto: per andare dove, e a fare che?!?
Mistero fitto. In rete non ci sono notizie
Per la cronaca: circa 12 km, disl. circa 600 metri.
Visualizza Cadino Alto in una mappa di dimensioni maggiorivisualizza in Google Earth
http://maps.google.it/maps/ms?hl=it&ie=UTF8&lr=lang_it&vps=1&jsv=176c&msa=0&output=nl&msid=110960978350421577342.00047407357cc9a581686