Primo giorno d’estate. Ho poco tempo, poco allenamento ma tanta voglia di andare. Vorrei scegliere un itinerario non lontano da casa, con dislivello contenuto e che non mi faccia soffiare. Dei tre requisti solo il primo viene rispettato.
Dal ristorante Sindech, sulla strada della Fricca, salgo assieme alla fedele Dada verso il rifugio Casarota lungo il bel sentiero che gironzola dentro e fuori per valloni, valloncelli e coste boscose.
Al rifugio, silenzio.
Mi fermo poco tempo a tirare il fiato e poi ricomincio a salire. Dopo il Casarota il sentiero è per un buon tratto pianeggiante e si porta traversando verso est sotto le bianche rocce del Becco di Filadonna, che rimangono tuttavia ancora ben lontane. Fuori dal bosco, appare il brullo pendio erboso dal quale spuntano come fantasmi infiniti arbusti grigi. Le ombre nere sui tronchi ricordano il terribile incendio che devastò la zona una decina di anni fa. Sicuramente anche le valanghe hanno contribuito a conferire a questo luogo un aspetto spettrale.
Il sentiero supera con infinite zete la ripida e uniforme scarpata. La Dada avvista i primi camosci e parte a razzo. Dopo una reprimenda, starà sempre buona al mio passo.
Si vede il camoscio?
Poco sotto el Bus dele Zole, la forcelletta sulla cresta Cornetto-Becco,
si risale un pendio ghiaioso e passando sotto le rocce ormai vicine, si giunge all’intaglio.
Tempo non dei migliori, ma meglio così piuttosto che ‘n sol che s’ciòca.
Raggiungo la vetta del Becco, con la caratteristica croce storta in granito. La campanella non suona, altrimenti vi registravo un din-don.
Madonnina e bivacco Vigolana
Scendo rapidamente e risalgo alla grande croce sottostante, più bassa di qualche metro.
Il panorama non è dei migliori per la foschia e la nebbiolina che va e viene.
Ridiscendo e mi dirigo verso le tre cime del Cornetto di Folgaria. Lascio la terza alla mia sinistra, salgo sulla seconda e quando comincia la rampetta per raggiungere la prima, imbocco il sentiero che cala – meglio, precipita – verso il passo della Fricca. Sentiero ripido, con buon corredo di sassi e radiciame vario, duro in salita ma non meno impegnativo in discesa. Dopo una prima picchiata traversa a sud abbastanza dolcemente fino al bel declivio verdeggiante del Pralongo.
Da qui ricomincia a scendere ancora ripido nel bosco che va perdendo conifere e mughi a favore dei faggi maestosi. Il bosco assume un colore di smeraldo.
La solitaria baita alpina dei tre avezi (chiusa)
annucia l’ultimo bosco, immerso nell’ombra dei faggi. Ancora poche centinaia di metri e il rombo delle moto mi dice che l’asfalto è vicino. Ora c’è la difficoltà maggiore: raggiugere el Sindech lungo la statale con la Dada al guinzaglio. Tutto bene.
Il versante di salita.
Ma funghi??? Questa l'ho trovata sul sentiero. L'ho lasciata là, troppo vecchia e poi non ci stava nello zaino
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