Quando ho iniziato a sciare, verso gli anni ‘70/80, i cannoni da neve praticamente non esistevano. La neve naturale c’era sempre.
Si è iniziato ad usare i cannoni in modo sporadico per innevare tratti di pista “difficili”, magari esposti a sud, o piste a bassa quota dove la neve non durava abbastanza. Nel giro di pochi decenni la scarsità di neve ha fatto diventare l’innevamento artificiale da marginale a strutturale: oggi le piste sono quasi tutte innevate artificialmente.
Quindi, riassumendo:
1° problema: non c’è più neve naturale, la fabbrichiamo in casa
2° problema: non c’è abbastanza acqua, fabbrichiamo bacini di accumulo
3° problema: non c’è più il freddo, fabbrichiamo bacini più grandi per sfruttare le “finestre” di freddo sempre più corte.
Alla faccia della lungimiranza
Siamo a un drammatico raschiamento del fondo del barile: il cambio di clima dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, oltretutto dura ormai da decenni, eppure si va avanti ciecamente ancora nell’industria dello sci, a investire montagne di quattrini, spesso pubblici. Con l’aggravante di incidere ancora più pesantemente sull’ambiente: prosciugando torrenti, sorgenti, falde, danneggiando flora e fauna, consumando enormi quantità di energia, di acqua, consumando suolo e distruggendo ancora paesaggio.
La strategia è chiara: bacini di innevamento sempre più grandi
Il bacino per l’innevamento di Montagnoli da 200.000 metri cubi è il più grande d’Italia.
Il nuovo invaso è in grado di innevare le piste in sole 120 ore di freddo sfruttando al massimo le basse temperature. Le finalità sono spiegate direttamente dal direttore di Funivie Campiglio, Francesco Bosco, intervistato da Greta Rigon per la sua interessante tesi di laurea “Interpretazione di un paesaggio in trasformazione: il caso del bacino di innevamento artificiale di Montagnoli a Madonna di Campiglio in Trentino” (2015/2016, pag 184).
Intervista di Greta Rigon a Francesco Bosco sugli scopi del bacino di Montagnoli:
“Il fine è quello di poter avere acqua in quantità per permetterci di innevare le nostre piste.
Resta la domanda fondamentale
Ingrandiremo via via negli anni i bacini di innevamento proporzionalmente alla riduzione dei periodi di freddo? E quando il freddo non ci sarà più e sarà impossibile fabbricare neve, cosa faremo di tutta l’inutile ferraglia con cui abbiamo ricoperto e devastato tutte le nostre montagne?