Dalla vetta del Monte Altissimo volgendo lo sguardo verso il tratto percorso dalla Gaverdina: a sx. Doss della Torta
Dopo numerosi avvistamenti, ho regolato finalmente i conti anche con l’
Altissimo nelle Alpi di Ledro . Con quest’ultima cima ho esplorato praticamente tutte le cime principali di questa zona del Trentino così ricca di testimonianze della Grande Guera. Nella precedente
Traversata dal rif. Pernici alla Bocca dell’Ussol, avevo adocchiato la sagoma imponente e severa dell’ignoto
Monte Altissimo 2128. Idem nella
Traversa del M. Cogorna, il “bestione” svettava sempre all’orizzonte.
La cresta del Monte Altissimo vista dal Doss della Torta
Monte Altissimo col Carè Alto sullo sfondo
L’attacco è stavolta da
Bondo, in
Valle del Chiese, da dove seguo le indicazioni per Malga Gaverdina e parcheggio a quota 880 (avrei potuto proseguire in teoria, ma dei cartelli avvisano “strada chiusa al traffico per frana”), ovvero nel punto i cui, in teoria, dovrei riuscire a chiudere il solito anellone che ho concepito.
L'abitato di Bondo salendo verso la Val Gaverdina
Mi avvio quindi a piedi lungo la strada che imbocca la
Val Gaverdina con un caldo a dir poco africano. La strada forestale è lunghissima, con pendenza costante e sostenuta, che mi fa sudare come una fontana. Arrivo alle bellissime
radure di Dasone, punteggiate da baite favolose.
Le magnifiche radure di Dasene
Proseguo di buona passo, anche se l’erta forestale mi tira il collo: per fortuna
alcune fontane molto gradite lungo il percorso mi permettono di rinfrescarmi e fare rifornimento di acqua. A
Malga Gaverdina 1386 per fortuna c’è una piacevole brezza che mi fa respirare. Posto bellissimo, peccato per l’orrido silos di mangimi che fa tanto cantiere.
Malga Gaverdina
C’è un
baitello dei cacciatori, chiuso a chiave, mentre la malga è aperta con uno stanzone-cucina con stufa e tavolaccio, acqua alla fontana esterna. Guadagno ancora quota, lentamente, per l’erta forestale che arriva fino al
Baito Casinot 1682 (o Casinetto), buona struttura-bivacco con acqua corrente, brande e materassi al piano superiore, tavolo e stufa al pianoterra.
Baito Casinot (o Casinetto)
Verso Bocca dell'Ussol, si distingue la Chiesetta degli Alpini scavata nella roccia
Riprendo il cammino ora su sentiero ripido verso la
Bocca dell’Ussol 1878. Fino qua sono già quasi 9 km percorsi. I prati sono zeppi di fiori. Percorro ora il crinale fino a
Cima Gaverdina 2047, da cui ero transitato nella precedente traversata, costellato di caverne della Grande Guerra e resti di trincee. Incontro una
viperella sul sentiero che fugge subito.
Una giovane viperella si scalda (!) sul sentiero
I prati sono invasi di fiori, qui due anemoni
Bocca dell'Ussol con la scalinata che conduce alla Chiesetta degli Alpini
Chiesetta degli Alpini
Il caldo è veramente spaventoso e sono quasi esausto, decido quindi di fare sosta pranzo per recuperare le forze prima di affrontare l’impegnativa traversata. Dopo la sosta studio la situazione, per quanto è possibile vedere: un cartello della Sat avvisa che il
sentiero 463 è ufficialmente chiuso (ma questo già lo sapevo) e il crinale appare piuttosto rognoso ed esposto. Avevo letto da alcune relazioni online che il tratto più ostico era quello iniziale, decido quindi di evitare questo tratto (non sapendo il motivo della chiusura del sentiero, immagino per franamenti).
Ultimo strappo a Cima Gaverdina (a sx)
Escursionisti verso Bocca dell'Ussol, sullo sfondo il Cadria
Il sentiero verso il Doss della Torta
Da cima Gaverdina verso Monte Altissimo, il crinale che mi aspetta...
Prezioso endemismo ledrense: la rara Viola dubyana, specie presente solo tra l'Alpe di Ledro e il Bresciano
Torno indietro per un po’ e da una
forcelletta sotto cima Gaverdina mi calo per tracce incerte lungo il
versante OVEST del crinale. Costeggiata e aggirata dal basso la parte rocciosa più impervia la traccia si perde: riguadagno quota per un canalino con l’idea di riprendere il crinale e quindi il
sentiero che corro poco sotto sul versante EST.
La discesa alternativa che ho fatto per il versante OVEST, risalendo il canalino
La stessa situazione vista dal fondo, verso la forcella e cima Gaverdina a sx
Dopo essere sceso a OVEST e aver scollinato tra le mugaie, ho riguadagnato il sentiero sull'impervio versante EST
Arrivato sul crinale però c’è una micidiale cortina di mughi che mi separa dal sentiero 50 metri più in basso, di evidente origine militare. Poco male, mi calo con prudenza tra i mughi (in discesa non è neanche così male), e dopo la ravanata d’ordinanza -sudando come un bue- raggiungo il sentiero.
Sentiero che appare subito tutt’altro che rilassante: una traccia esilissima è affacciata su costoni erbosi ripidissimi. Un passo falso e ciao. Con molta attenzione percorro una
serie estenuante di traversoni, alcuni
molto esposti: la traccia, se così si può definire, è larga quanto uno scarpone, bisogna stare concentratissimi perché uno scivolone o un inciampo su quei ertissimi versanti erbosi sarebbero fatali.
Uno dei stramaledetti traversoni esposti, molto pericolosi: sullo sfondo Cima Gaverdina
I micidiali versanti ovest che si traversano in costa, sullo sfondo, lontanissimo, spunta il M. Altissimo
E’ un saliscendi abbastanza stressante, in esposizione continua, dove non sono ammessi passi falsi, la via è ben segnata (segni bianco/rossi) ma
la traccia molto vaga e in certi tratti quasi inesistente. Superata la parte più ostica, il
sentiero si alza a ridosso del crinale e si cammina un filo più tranquilli, ma sempre in esposizione costante per cui non sono concesse distrazioni. Dopo aver svoltato l’ennesimo costone mi appare la sagoma del Monte Altissimo, che sembra orribilmente lontano. Non solo lontano ma anche rognosissimo da salire: i suoi versanti erbosi appaiono quasi verticali.
Appare il Monte Altissimo: da dove cacchio si sale? L'ascesa pare proibitiva..
L'attacco per l'erboso e ripido crinale sud
Inutile scoraggiarsi: si va vedere da vicino e poi deciderò. Con calma e pazienza avanzo lentamente, stando sempre attento a dove metto i piedi. Alcuni tratti sono invasi dalla vegetazione alta, bisogna stare attenti a non perdere la traccia. Finalmente arrivo alla base dell’Altissimo, dove abbandono il sentiero per percorrere il
crinale sud. Ci sono delle tracce esilissime, quasi invisibili, che però conducono alla via di salita più praticabile.
Si aggira un roccione a sx quindi si affonta, sempre su pendenze erbose molto sostenute,
un canalino tra due pareti rocciose. Ancora maledetti traversi esposti, poi finalmente sono sul crinale più facile e finalmente arrivo alla cima del
Monte Altissimo 2125, stranamente senza cippi né croci.
In vetta! A sx il massiccio del Doss della Torta
La via di salita fatta
Se non fosse per una provvidenziale brezza il caldo sarebbe bestiale, in giro c’è molta foschia. Vedo da lontano il
Doss della Torta, e tutto il crinale percorso, che pareva corto e invece è eterno, sono oltre 3 km molto tormentati ad alta tensione. Faccio una breve sosta per riprendere fiato, poi affronto la discesa. Dò una occhiata al versante sud, impossibile scendere, quindi torno da dove sono salito. Sono in dubbio se usare i
ramponcelli, che ho nello zaino (ottimi non solo su neve ma anche su pendii erbosi), ma poi per pigrizia scendo senza. Arrivo abbastanza rapidamente alla base dell’Altissimo, dove speravo che le pene fossero finite.
Monte Altissimo, in basso si distingue la traccia del sentiero in costa
Invece ci sono altri traversoni esposti da percorrere: con calma e prudenza raggiungo finalmente la
Bocca di Vallarga 1876, dove la traccia scende verso OVEST per
Malga Meda.
Un altro fottuto traversone su pendii erbosi ripidissimi
Monte Altissimo (a sx) e Bocca di Vallarga visti dal M. Cogorna
Finalmente avvisto Bocca di Val Larga, col roccione gigantesco davanti a Cima Pala 2007
Il sentiero a un certo punto scompare dentro a una frana, devo scendere alla cieca ravanando tra la vegetazione, per fortuna per meno di centro metri, quando ritrovo la traccia che mi porta a
Malga Meda 1650. Ho fatto male i conti però: speravo di trovare acqua presso la malga ma la
sorgente è secca. Nella fontana c’è un rubinettone da cui però esce acqua maledoroante che mi guardo bene dal bere nonostante la sete. La malga è bella, i locali sono aperti e sembrano abitati di recente anche se non c’è in giro un’anima.
I prati sono zeppi di Anemone narcissiflora
Malga Meda
Inizio la eterna discesa per la Val Bolbeno. Solo dopo parecchi km di discesa trovo finalmente acqua nel torrente. A
Malga Splaz 1019 c'è il punto cruciale: devo cercare di
rientrare verso la Val Gaverdina seguendo dapprima una strada forestale, poi una vaga traccia che mi porta sulla
strada forestale di Malga Arteson. Qui provo ancora ad abbandonare la strada forestale per seguire
una traccia che dovrebbe abbreviare il percorso.
Monte Cogorna e Doss della Torta
La traccia diventa rapidamente un traccia per capre, per poi quasi scomparire in un improbabile
traversone con le tracce sempre più labili, quasi invisibili nell’erba alta del solito costone piuttosto impervio. Dopo alcuni km in cui procedo quasi a tentoni nella selva, sono
sul punto di rinunciare di proseguire per un ostico traversone su costone ripido, la traccia è pressoché scomparsa nell’erba alta. Solo per testardaggine proseguo a intuito e, quando ho quasi deciso di rinunciare tornare indietro (sono quasi le 8 di sera) avvisto con gioia una
forestale non segnata sulle carte. Salvo! IL GPS del cello è stato di grande aiuto in questo tratto, sarebbe stato impossibile districarsi senza. La forestale mi fa perdere quota nella direzione voluta, i piedi iniziano a “lamentarsi” ma ormai sono a buon punto, un’occhiata all’altimetro mi da conferma che sono ormai
vicino a quota 880. Infatti poco dopo sbuco sulla strada forestale e in breve sono alla macchina, sono le 20.30, con ancora un’ora luce di margine
. Piuttosto stanco ma sano e salvo anche stavolta.
Conclusioni: giro bellissimo e selvaggio ma molto impegnativo, rognoso, in buona parte costantemente esposto. Attenzione il sentiero è ufficialmente chiuso. Onestamente non lo consiglierei se non a gente esperta e allenata che ami particolarmente le ravanate. Sconsigliatissimo ovviamente col bagnato.
Dislivello m 1950, sviluppo 25 km
Il percorso