La parte iniziale della ferrata dalla Forcella dei Campanili: abbastanza facile ma costantemente esposta
Ho colmato finalmente una vergognosa lacuna: il
Gruppo del Latemar, di cui conoscevo troppo poco. Decido di tentare mercoledi 21 agosto, viste le previsioni strepitose,
la traversata del Latemar da Passo Feudo a Passo Costalunga. Mi informo all’Apt per sapere se esiste
servizio pubblico di corriera per rientrare in qulche modo a Predazzo. Esiste: metà gestito dalla SAD (Alto Adige) fino a Vigo_Pozza, l’altro tratto da Pozza a Predazzo da Trentino Trasporti. Alle 8.30 sono a Predazzo, appena metto il naso fuori dall’auto prendo paura: 7 gradi! Gli impianti Latemar (circa 10 euro solo andata) mi portano a passo Feudo m 2175.
Da passo Feudo inizia la salita verso il Rif. Torre di Pisa
La traversata del Latemar: in viola la spettacolare Ferrata dei Campanili
Rifugio Torre di Pisa
Le guglie spettacolari nei pressi del rifugio
La celeberrima "Torre di Pisa"
Di qui inizio la traversata salendo al
rif. Torre di Pisa 2671. Mi affaccio sull’immenso anfiteatro roccioso del Latemar, fa davvero impressione: un deserto in alta quota. All’orizzonte il profilo inconfondibile del
“Cimon” di 2845 metri, massima elevazione che se tutto va bene dovrei salire. Dopo un tè al rifugio inizio la traversata vera e propria: a poca distanza incontro la famosa “
Torre di Pisa”, un enorme pilastro di roccia inclinato alto 20 metri.
Papavero alpino
La rampa micidiale del Cimon, 2846 metri, massima elevazione del Latemar: si raggiunge abbandonando il sentiero e salendo per traccia e ometti
Deserto roccioso
Scendo leggermente di quota in alcune strette gole rocciose, quindi giunto sul fondo dell’
altopiano Lastè di Valsorda inizio l’attraversamento, pressoché pianeggiante, di vaste lande rocciose fin sotto la
Forcella dei Campanili 2684, che si raggiunge con un leggero strappo.
A sx la Forcella dei Campanili dove inizia la ferrata
"Cuscino" di Silene
In marcia verso Forcella dei Campanili
Il sentiero basso n 18, molto più in alto corre il traversone della via ferrata
Dalla Forcella dei Campanili, vista sul Catinaccio, perfino un bimbo non resiste alla tentazione della foto
Primo colpo al cuore:
grandioso panorama sul Catinaccio, da rimanere a bocca aperta. Ma non c’è molto tempo per i sentimentalismi,
alla forcella ci si imbraga col set da ferrata e via. Io mi intruppo tra due gruppi per poter fare qualche foto decente davanti e indietro, perché le foto in parete senza persone non dicono una mazza. Davanti dei giovinastri non troppo esperti, dietro una famigliola di tedeschi con due coraggiosi ragazzini (coraggiosi anche i genitori però). L’inizio non è particolarmente difficile, si va su per la parete agganciati al cordino, poi si fa un lungo traversone su strettissime cenge larghe quanto la suola di una scarpa (se non a volte inesistenti).
L'attacco della ferrata dalla Forcella dei Campanili
Si iniziano le danze: un traversone molto esposto lungo una microscopica cengetta
La parete è molto esposta: chi ha problemi di vertigini qui suderà freddo. Seguono altri traversoni senza alcuna assicurazione, spesso esposti, in cui non è assolutamente il caso di inciampare perché lo sfracellamento è garantito.
I ragazzini sembrano molto più a loro agio dei rispettivi genitori
L'aereo traversone
La parte iniziale della ferrata, a parte l'esposizione non proprio banale, non presenta particolari difficoltà
Il traverso sfrutta delle piccole cenge, a tratti inesistenti per cui bisogna attaccarsi al cavo..
Dopo i traversoni senza assicurazone arrivano i i punti cruciali, stavolta attrezzati, di cui avevo letto su altre relazioni: si tratta di
forcelle strettissime e ripidissime, con dei baratri spaventosi ai lati, specie verso nord dove si aprono delle
voragini terrificanti con 1000 metri di vuoto. La prima forcelletta si traversa stando appesi alla corda come salami, poggiando i piedi su una specie di ponte terroso. Per fortuna il tratto è breve, poi ci si arrampica sull’altro versante tirandosi su a braccia per il cavo, con pochi appoggi sulla paretina verticale.
Ecco la prima forcelletta da brivido
Il baratro spaventoso...
Il passaggio avviene sul filo di una specie di ponte terroso
Uno dei tanti traversoni senza assicurazioni: non difficili ma da prestare molta attenzione, un inciampo sarebbe fatale...
Dopo altri traversi senza protezioni su ghiaioni sotto ai quali ci sono bei salti, ecco l’altra forcella da brivido da superare. E’ strettissima e con dei macigni incastrati: sotto, si spalanca l’abisso senza fine. Per attraversare la forcelletta bisogna anzi passare proprio su uno di questi massi incastrati, e ci si chiede se terrà. Si cerca di passare ripidamente, con grosso sospiro di sollievo quando si è dall’altra parte.
L'altra forcella da brivido coi macigni incastrati
Ancora traversoni senza alcuna protezione
Meravigliose macchie di Potentilla nitida
Ancora costoni ripidi da attraversare in costa, senza protezioni, un piede in fallo e ciao Arrivato sulla dorsale tutto si semplifica e cessa la fastidiosa esposizione, pressoché continua dalla partenza. Abbandono il sentiero e per tracce con ometti sono in vetta facilmente al Cimon del Latemar 2846, massima elevazione del gruppo.
Verso il crinale del Cimon, altro traverso senza assicurazioni
Il percorso coi traversoni senza protezioni
Una Madonnina “fa la guardia” a un
panorama che lascia letteralmente senza fiato. Mi fermo almeno un’ora a guardare e fare foto: si vede tutto! Cevedale, Gran Zebrù, Adamello, Catinaccio, Pale, Marmolada, Sella, Sassolungo, Sciliar, Pelmo, Civetta… e praticamente quasi tutto il Lagorai!)
In vetta al Cimon del Latemar 2846
La Madonnina in vetta, sullo sfondo troneggia la regina: la Marmolada
In contemplazione del panorama
Zoomata sulle Pale di S. Martino
Una gioia per gli occhi, la giornata è splendida anche se c’è una leggera foschia, ma è comunque uno spettacolo meraviglioso, incredibile. Guardo l’ora, circa le 14, a malincuore lascio la vetta e affronto la discesa fino a riprendere il sentiero più in basso, dove iniziano di nuovo i traversoni, stavolta assicurati, per diversi canalini ripidi e assai malagevoli se non fosse per i cordini di sicurezza.
Discesa dal Cimon per riprende il sentiero/ferrata
Forcella che si affaccia, con 1000 metri di vuoto, sopra la zona di Carezza
Oltrepassato il Cimon, riprende la ferrata attraversando i ripidi e accidentati versanti sud
Ancora macchie di meravigliosa Potentilla nitida
Verso l'ultima forcella da tremarella, forse il tratto più impegnativo
So che mi aspetta un
ultimo passaggio critico, il più rognoso, letto nelle relazioni, mi chiedo quando arriverà. Supero una coppia di tedeschi ed eccolo!
C’è l’ennesima forcelletta con baratro spaventoso sul lato nord. Il problema, se così si può dire, è che bisogna
sporgersi letteralmente nel vuoto per vedere delle provvidenziali staffe dove mettere i piedi.
La paretina è a strapiombo e bisogna aggrapparsi con le braccia alla fune, allargando i piedi alle staffe che obliquano verso la forcella. Per fortuna il tratto è breve perché in quella posizione non si resisterebbe a lungo, a meno di non essere una scimmia
.
L'ultimo tratto critico per arrivare al bivacco Rigatti è superata
Traverso la forcella alla svelta e sono sull’altro versante, ancora uno strappo quasi verticale, ma con molti appigli, e sono in cima a un piccolo passaggio roccioso che si affaccia finalmente sul
Bivacco Rigatti m 2620, un puntolino arancione molto più in basso. La ferrata ora cala verticale per un ripidissimo canalino, gli appigli sono parecchi e senza troppe preoccupazioni discendo finalmente al bivacco dove posso finalmente allentare le chiappe sui prati
.
Ecco finalmente il Bivacco Rigatti
Discesa al Bivacco Rigatti
Bivacco Rigatti, dispone di 9 posti
Il tratto rognoso è finito, mi illudo, levo imbrago e casco e mi rilasso un attimo. Dopo una breve sosta, cerco di capire dove caspita proceda il sentiero verso Costalunga perché non c’è nessuna indicazione specifica. L’unico cartello indica il
sentiero “18” che scende verso valle ma dopo essere sceso per 50 metri non mi convince, riguardo le carte che sono molto confuse. Soprattutto non vedo traversoni di sentiero a valle che dovrebbero andare verso est. Torno al bivacco e proseguendo verso lo “
Schenon” trovo una vaga traccia quindi dei segni di sentiero molto scoloriti. Eccolo dov’era! Ma perché non mettere una tabella? Mah.
Con un lungo e insidioso traversone, variamente esposto, su roccioni inclinati e infidi per il ghiaino, raggiungo la dorsale. Qui la Trekkart indica addirittura un inesistente traversone sul dirupatissimo versante est!
La salita allo Schenon segue una esile cengia, col traccia di sentiero dai segni molto scoloriti
Bivacco Rigatti visto dallo Schenon
I segni proseguono invece verso la cima dello
Schenon 2802 e quindi salgo fino in vetta. Qui incontro un gruppetto di escursionisti della Toscana che mi ha preceduto lungo la salita, hanno fatto il sentiero basso che corre sotto la ferrata. Sono tutti leggermente in ambasce per l’arrampicata appena fatta, hanno anche due cani poco “pratici” di montagna, si sono fidati di una vecchia carta Tabacco che non riportava il sentiero come “alpinistico” (puntinato).
In vetta allo Schenon 2790
Iniziamo a scendere assieme verso est, il primo tratto è facile ma arrivati ad una specie di sella sotto la quota 2757 i segni bianco/rosso (ora più visibili) iniziano a scendere sul versante sud (la Trekkart indicava il sentiero a nord!): un labirinto infernale di ripidi canalini con roccioni e ghiaie, cengette, con molti passaggi esposti dove bisogna aiutarsi con le mani. Uno scivolone e ciao.
Discesa dal Col Cornon
Vista da urlo sulle Pale
I cani sono molto timorosi ma per fortuna i toscani non sono alle prime armi e se la cavano egregiamente con calma ammirevole, anche se in molti passaggi delicati devono letteralmente sollevarli di peso
. Il che rallenta tantissimo ovviamente la marcia. Rallento anche io per dar loro una mano nei tratti più ostici. Il sentiero è molto peggio del previsto e si procede al rallentatore, con molti passaggi di 1° grado su roccette infide. Non ho idea quanto ci abbiamo messo ad attraversare quei maledetti costoni, un’eternità...
Impegnativa discesa per canalini col gruppo di toscani e i due cani sollevati di peso nei tratti più ostici
Scendendo verso Forcella Latemar Piccola
Arriviamo indenni alla forcella Latemar Piccola 2526 dove il sentiero si fa più umano e si biforca. Dopo rapida consultazione scendiamo per il ramo a sud di Cima Pope, che pare meno faticoso rispetto all’altro che scende per il ghiaione. Nel frattempo però mi rendo conto che si è fatto terribilmente tardi.
Forcella Latemar Piccola
Lascio i toscani al loro destino, ma ormai fuori pericolo, e mi involo verso valle. Sono convinto di avere l’ultima corriera alle 18.40, sono già le 18 ma dovrei farcela anche se sono vagamente preoccupato. Mentre scendo mi viene un dubbio e ricontrollo sul foglietto degli orari: leggo con orrore “ultima corsa 18.28”. Riparto in una affannosa corsa verso valle coi piedi che ormai fumano, l’occhio sempre all’orologio.
Ultime foto verso la Roda di Vael al tramonto
La discesa sembra non finire mai. Cristo non ce la faccio! L’ultimo km vado giù quasi correndo! A circa 500 metri dal passo Costalunga vedo in lontananza la corriera Sad che arriva alla piazzola. Noooo!!! Parto in un galoppo disperato e sbracciandomi nella speranza che mi vedano. Gli ultimi trecento metri devo fare una specie di ridicola corsa a ostacoli per via delle transenne per il bestiame, fermandomi ogni volta per scalvalcare la staccionata o il filo elettrico (vi lascio immaginare con quale agilità dopo 10 ore di pesante escursione!). Quando l’autista sta ormai per risalire sul mezzo per ripartire, arrivo trafelato alla fermata per stampare poderosamente il piede sul maledetto predellino della corriera! Dopo 10 ore in giro per le montagne avendo scollinato valli, vette e forcelle per chilometri, arrivo esattamente alle 18.28 al passo, ovvero all’ultimo minuto utile per acciuffare l’ultima corsa!!! Incredibile come ci si riduca sempre a fare queste corse assurde
Scendo fino a Vigo di Fassa da seduto, uno dei viaggi più belli del mondo nonostante sia ancora grondante di sudore per la corsa micidiale degli ultimi km e con lo sprint da finale olimpica degli 800 metri. Dopo mezz’ora di attesa a Vigo dove rifiato, arriva la corriera da Canazei che mi riporta alla partenza degli impianti di Predazzo, ormai deserti, che sono ormai le 20.30. Sano e salvo, anche stavolta
Disl 1200, sviluppo km 16.
L'itinerario della traversata
Considerazioni finali: giro spettacolare, non lunghissimo ma abbastanza impegnativo. Panorami stupefacenti, tra i più spettacolari mai visti, specie dalla vetta del Cimon. Su certe relazioni ho letto che la ferrata dei Campanili sarebbe “facile”, ma non sono affatto d’accordo. Non è tecnicamente difficile ma l’esposizione pressoché continua, i diversi tratti non assicurati e gli arditi passaggi delle forcellette vertiginose, con baratri spaventosi e parecchi passaggi esposti, secondo me sono da sconsigliare a chi è alle prime armi e soffre l’esposizione. Io per dire, l’ho trovata più impegnativa della Ferrata ovest della Marmolada, che secondo alcuni non è facilissima. Partendo presto con gli impianti del Latemar, e magari avendo una seconda auto a Costalunga, si può fare tutto il giro in giornata con relativa calma.