In marcia verso la foce dell'Avisio
8° giorno di esplorazione fluviale. Siamo quasi alla fine. C’è una certa mestizia, come quando quando il bel giocattolo si rompe o il prete ti porta via il pallone. Ravanare in territori inesplorati è un gioco bellissimo. Riporta in qualche modo all’infanzia, quando si esplorava gattoni la stanza, poi l’orto o il giardino. Crescendo, il gioco spontaneo della scoperta poi molti lo perdono per strada, presi da altre occupazioni. Altri, come noi, lo conservano fin nell’età adulta, e perfino da anziani
.
Scendendo verso il fiume
Oggi dovremmo arrivare alla foce dell’Avisio, alla confluenza del
fiume Adige. Prima però ci resta da esplorare ancora il tratto tra
Mosana e il
Ponte di S. Lazzaro a Lavis, con il notevole ostacolo dello
sbarramento di S. Giorgio.
Non c'è rosa senza spine: queste però, lunghe ben 4 cm e pericolosissime, sono della robinia pseudoacacia. Se non si sta attenti si rischiano dolorose ferite e paurosi "sette" nei vestiti
Camilo Nardelli ci guida verso il fiume
Il ghiaccio avvolge ogni cosa nella golena senza sole: i sassi sono scivolosissimi
Mi si nota di più se passo sopra o sotto l'albero caduto? Meglio sotto, sopra tra spine micidiali e ghiaccio si rischiano gli zebedei...
Ansa del fiume, anche di qui non si passa
Stavolta ci dà man forte
Camillo Nardelli di Lavis, profondo conoscitore dell’Avisio, ex disgaggiatore, amante della natura. Di questo tratto di fiume conosce ogni angolo. Negli anni ha addirittura creato un suo rifugio segreto in una golena sabbiosa.
Si scende verso il greto dell'Avisio per un antico sentiero abbandonato
Camillo Nardelli ci guida per una ripida e disagevole discesa
L'oasi di Camillo
Camillo Nardelli e Gigi Zoppello nell'oasi: data la stagione la golena è un po' disadorna ma in estate è uno spettacolo di piante e fiori
Ha lavorato duramente ogni volta che poteva nel tempo libero: ha sfoltito la vegetazione, spostato pietre, picconato, sbadilato, rastrellato, messo a posto, coltivato piante e fiori, creato un orto, piantato una piccola vigna. Il risultato è una bellissima oasi di pace lungo il fiume, dove trascorrere ore di serenità a contatto con la natura. L’Avisio è anche questo: esplorando il suo territorio emergono storie e personaggi di grande fascino.
Camillo Nardelli, grande conoscitore dell'Avisio
L'ingresso del rifugio segreto di Camillo
Per arrivare al rifugio di Camillo bisogna scendere per una
traccia di un antico sentiero quasi scomparso, che solo lui e pochissimi altri conoscono, e che certamente non avremmo mai trovato da soli. Con una impegnativa discesa tra la boscaglia caliamo fino alla riva dell’Avisio. Da lì proseguiamo con fatica nella solita vegetazione lussureggiante verso Mosana, fino ad una
parete verticale che ci sbarra il passo, proprio di fronte alla zona sotto le cave, che abbiamo esplorato precedentemente. Un capriolo fugge al nostro arrivo. Anche su questa sponda ci sono i resti di una
vecchia cava dismessa, coi soliti rottami sparsi, pezzi di rimorchio, una baracca di sassi.
La baracca che serviva ai lavoranti della cava
Nella boscaglia della golena
Uno dei tanti copertoni buttati nel bosco, ne abbiamo visti sicuramente oltre cento durante le nostre esplorazioni
Verso la Serra di S. Giorgio, la solita vegetazione "amazzonica"
Si ravana sempre, tanto per cambiare, sia in salita che in discesa, come in questo caso...
Gli immancabili copertoni, fanno parte del paesaggio fluviale ormai...
Torniamo quindi indietro verso la diga di S. Giorgio per vaghe tracce, passando sotto a delle scarpate purtroppo usate come
discariche. Si trova di tutto: copertoni, bidoni, plastiche, spazzatura varia, rottami, pezzi di lavatrice, perfino un’automobile.
Bidoni di olio
Una lavatrice, plastiche varie, copertoni assortiti, in fondo un pezzo di automobile
Dobbiamo quindi risalire per rocce un po' esposte sull'acqua. Meglio non scivolare perché un bagno in questa stagione sarebbe tutt'altro che piacevole
Le micidiali spine della robinia sono sempre in agguato
Nella golena non è ancora arrivato il sole, tutto è cristallizzato nel ghiaccio
Arriviamo alla
Serra di S. Giorgio, l’antico sbarramento costruito dagli austriaci per contenere i detriti trasportati dal fiume. Ci sono dei lavori in corso con ruspe: con sorpresa troviamo il
tunnel aperto, dove ci infiliamo senza indugio visto che non c’è nessuno a impedirci l’ingresso.
Il tunnel che passa sotto la Serra di S. Giorgio
La galleria sotto lo sbarramento, dentro c'è il frastuono dell'acqua che filtra dalla centralina
Speriamo di trovare aperto dall'altra parte... sarebbe una fortuna insperata
Sguardo indietro, anche la Serra di S. Giorgio è superata grazia alla provvidenziale, ma occasionale, apertura della galleria
Percorriamo quindi la lunga galleria che passa sotto lo sbarramento per sbucare più a valle, lungo la
stradella di servizio che costeggia l’Avisio. Qui Camillo si congeda perché deve rientrare, lo ringraziamo e proseguiamo la nostra marcia. Arriviamo finalmente sotto al
Ponte di ferro di S. Lazzaro: è fatta! Facciamo qualche foto, l’avventura è quasi finita dopo 8 giorni di dure esplorazioni.
Ecco il Ponte di Ferro di S. Lazzaro, è fatta!
La strada lungo l'argine a Lavis
Sguardo indietro dopo aver superato l'ultima forra dell'Avisio
Ci avviamo un po’ mestamente verso la foce, camminando per lo stradello sotto l’argine nord. C’è gente che passeggia col cane, chi fa footing, chi passa velocemente in bici. Qualcuno ci guarda distrattamente, forse chiedendosi da dove veniamo: siamo gli unici in giaccavento, con gli zaini e i bastoni da trekking. Se sapessero…
Cerchiamo nella golena un passaggio verso la foce
Ciottoli nella sabbia a Lavis, dopo un lungo viaggio portati alla corrente dell'Avisio
C’è un bel sole e una temperatura mite, i gatti tendono agguati alla lucertole lungo la massicciata dell’argine. Potremmo scendere lungo la stradella verso la foce, ma amiamo noi la vita comoda? Ovviamente no: ci inoltriamo quindi nella golena seguendo l’Avisio, il nostro “amico di ravanate”, per accompagnarlo fino alla fine. Il fiume si biforca, dobbiamo costeggiare un ramo che si inoltra in una golena sabbiosa, poi in un bosco scuro. Si alzano in volo eleganti gli
aironi cinerini: i g
ermani reali invece sono più confidenti e sguazzano nelle anse incuranti del nostro passaggio.
L'Avisio si divide in rami secondari
La zona golenale verso la foce
Il bosco si fa cupo, entriamo nel cono d'ombra della montagna
Guado difficile, meglio di no...
Entriamo nel cono d’ombra della montagna, il bosco si fa tetro, da lontano proviene un rombo cupo: ancora non lo sappiamo ma ci avviciniamo all’orrore. L’acqua rallenta, diventa grigia e melmosa, sopravviene un puzzo di marcio e di mer*a, intravediamo tra la boscaglia gli orrendi cavalcavia nel bel mezzo della foce, la ferrovia, la tangenziale, l’autostrada. Il rumore è molesto, a tratti assordante: dopo 8 giorni di silenzio è insopportabile.
Ecco l'orrore
Un ramo melmoso dell'Avisio si insinua tra i pilastri del viadotto verso l'Adige
Camminiamo nello squallore, sotto ai giganteschi viadotti con le fondazioni nell’acqua stagnante. Questo dovrebbe essere un biotopo! Sotto la campata di un ponte troviamo i resti di qualche
accampamento di balordi, un brutto graffito, rifiuti sparsi. Appesa ad un pilastro di cemento, quasi inchiodata come fosse un cristo, una bambolina “Barbie” senza una gamba. Mi sembra il simbolo perfetto della natura violentata.
La Barbie senza una gamba, simbolo perfetto della natura violentata
Girovaghiamo quasi sgomenti sotto le campate di cemento, mentre da sopra arriva un suono continuo, martellante e ossessivo della auto che passano: “tu tun, tu tun, tu tun”. Dobbiamo faticare per trovare un passaggio per vedere almeno il fiume Adige, tra melma maleodorante, boscaglia e cemento, rifiuti, spazzatura. Attraversiamo lande spettrali di boscaglia e discariche abusive: questa sarebbe un biotopo? Meglio che non lo sappia nessuno!
Sotti ai viadotti
Brutto murale...
Qua e là la natura riesce ancora a sopravvivere nello squallore delle tangenziali
Le fondazioni del viadotto nell'acqua stagnante
Nella boscaglia e nella spazzatura cerchiamo un passaggio verso la riva dell'Adige
Arriviamo finalmente, senza gioia, sulla riva dell’Adige: una riva rettilinea brutta, anonima, buia e piena di rovi, di fronte una parete rocciosa verticale. Anche qui si vede la mano nefasta dell’uomo: il fiume infatti è stato “raddrizzato” dagli austriaci e ridotto ad un canale per far posto alla ferrovia.
Ecco il fiume Adige, ridotto ad un triste canale: la macchia marrone scura sotto al cespuglio in corrispondenza di una roggia, emana un odore inequivocabile
Non possiamo finire il trekking fluviale in questo schifo, pensiamo. Torniamo verso Lavis, camminando in mezzo alle cave di ghiaia e sassi, con gli esilaranti cartelli della Provincia “
Riserva naturale provinciale”. Una presa in giro a dir poco: di naturale non è rimasto quasi nulla, tutto è stato stravolto, deturpato, violentato. C'è perfino una pista da motocross!
La "Riserva naturale Provinciale" tra lo squallore delle cave
"Biotopo alla trentina"
Risalendo l’argine verso Lavis, sentiamo un tremendo frastuono alle spalle: ci giriamo e vediamo un lunghissimo treno carico di automobili che sferraglia verso sud. Scappiamo da quell’orrore.
L'ultima orrenda immagine: un lungo e sferragliante treno carico di macchine
La foce dell'Avisio assediata dai capannoni e dalle cave, in rosso la nostra traccia GPS
Torniamo verso Lavis, fuggendo dall'orrore della foce
Dopo aver visto tanta bellezza per giorni e giorni, l’arrivo alla foce è stato un trauma. L’esplorazione dell’Avisio è quasi conclusa, ma non del tutto... Stay tuned
Il sorprendente giardino dei "Ciucioi" a Lavis
Salendo al Pristol a Lavis
Serratura in un vicolo di Lavis
Ci fermiamo per una birra al bar presso il Ponte di S. Lazzaro
Dal Ponte di S. Lazzaro il fiume Aviso, dopo un viaggio di 90 km iniziato dalla Marmolada, scorre pigramente verso la foce con l'Adige
Esplorazioni precedenti7 Esplorazione: dalla Diga di S. Giorgio a Camparta
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