La Giazzera naturale del Monte Ramezza ... e la birreria PedavenaPrendo spunto da qualche accenno fatto all'argomento nel topic "L'ultima follia" ...La storia della giazzera del Monte Ramezza (Vette Feltrine-BL), ha inizio nell’agosto del 1921 quando un manipolo di una quindicina di uomini di Lasèn, un paesino alle pendici meridionali del Monte S. Mauro (Alpi Feltrine) reduci dalla guerra e ridotti alla fame, viene assoldato da due intraprendenti personaggi del posto: Giosuè Miniati e Umberto De Paoli, per cavare ghiaccio per conto della Birreria Pedavena. I due avevano stipulato un accordo con i fratelli Luciani della birreria garantendo ogni giorno 15 quintali di ghiaccio cristallino, senza neve, che doveva pervenire alla pesa pubblica di Pedavena ogni giorno. Il pagamento doveva venire alla fine della consegna dei 150 quintali richiesti, calcolando un valore di L.35 a quintale,quasi 15 lire più di quanto si pagava quello industriale. La birreria avrebbe consegnato ai cavaghiaccio 30 sacchi robusti che servivano per coprire il ghiaccio durante il trasporto e un segone a mano. Terminato il lavoro a tutti i lavoranti sarebbe stata offerta in ditta una merenda con due “grandi” di birra.Durante la guerra del 1915-18, dopo la disfatta di Caporetto, Feltre e Belluno si trovarono sotto il dominio delle truppe austro-asburgiche e nel 1918 queste prelevarono tutto ciò che c’era di metallo per asservire l’industria bellica. Alla birreria vennero requisiti tra le altre cose gli impianti di refrigerazione bloccandone la produzione di birra che a quei tempi si aggirava in circa 30.000 ettolitri annui. Le vicende della birreria si agganciano alla caverna di Ramezza, già conosciuta nella metà del 1800, al bisogno di lavoro della povera gente dei paesini montani. Parte così “L’estate di ghiaccio” di questi uomini che per una quindicina di giorni salirono e scesero per la Valle di S. Martino e la Val Fratta e poi il Valòn del Peròn fino alla grotta del Giazzera per prelevare il ghiaccio e portarlo giù. Slitta in legno di frassino in spalla (circa 30 chili) partivano da poco dopo la calchèra dove ci sono ancora dei muretti a secco che servivano come deposito per il ghiaccio, e salivano fino ai 1860 metri della Giazzera. Qui si calavano in grotta con un breve salto e dopo il cono nevoso si piazzavano nel vasto salone di ghiaccio dove estraevano i blocchi. Si dice che i blocchi pesassero mediamente dai 35 ai 50 chili e per ogni viaggio ne portassero a valle sei otto pezzi. Che forza bestia dovevano avere questi uomini, ma forse era la forza della disperazione! Una volta portati giù i blocchi venivano caricati sui carri di legno e trasportati con i buoi fino a Pedavena lungo la Val S.Martino e attraverso i paesini di Vignui e Pren. Fatto il primo giro, dopo una parca merenda, i cavatori risalivano ancora una volta fino alla Giazzera dove trascorrevano la notte all’addiaccio arrangiandosi con qualche telo, dormendo sotto un anfratto. Il mattino dopo all’alba scendevano giù con il carico, risalivano e scendevano un’altra volta. Un lavoro duro, strenuo che era allietato dall’idea che ognuno poteva portare a casa un buon gruzzoletto per sfamare la famiglia e dall’atmosfera animata che avvolgeva quei luoghi in quel periodo. Si deve pensare che oltre ai cavatori di ghiaccio, boscaioli, carbonai, la gente che andava a pascolo con le mandrie di vacche e pecore, c’era la vita di malga (ce n’erano almeno 15 di Ere, malghe, in quel vallone) insomma tutto un brulicare di volti, voci, umori, canzoni, storie e chiacchiere che animava e dava colore a quel povero mondo di “ultimi” reduci da una guerra che aveva messo in ginocchio tutta l’economia. Fu una stagione breve, una storia che si ricorda poco; ora la Giazzera riceve visite solo da qualche escursionista particolarmente curioso e attento o dagli speleologi, ma quel breve lasso di tempo consumato in un su e giù di slitte e ghiaccio sulle spalle, riecheggia e riverbera ancora le imprecazioni, le risate, il sudore, lo sforzo di tutti quegli uomini che per necessità hanno tracciato la via della montagna. Risalendo la Valle di S.Martino, nel silenzio dei boschi di faggio, par di sentirle e vederle ancora quelle voci.
La Giazzera si trova a quota m. 1860 s.l.m.... Oggi non c’è più la neve a due metri dall’entrata, come un tempo, ma a circa otto.
http://www.ecodelledolomiti.net/Num_7/Num_7_ita/QUANDO-LA-MONTAGNA-UNISCE-GLI-UOMINI-Vittorino-Mason.htmlhttps://picasaweb.google.com/101452674008708650686/LAGIAZZERADELMONTERAMEZZABLVetteFeltrine#5855642494901395810La maggior parte delle foto sono di Marco Cassol