Sulla vetta di Cima Loverdina, sullo sfondo la Val di NonLa mèta è una facile cimotta, almeno ci sembrava, sopra Malga Termoncello: la panoramica
Cima Loverdina m 2237. Si arriva in auto, partendo dal centro di Cunevo, fino nei pressi della bellissima radura di
Malga d’Arza m 1597.
Ci si incammina per la
forestale/sentiero 330 e si segue l’indicazione per
Malga Termoncello m 1852, altro posto semplicemente magnifico. Osserviamo Cima Loverdina per decidere la via di salita. Abbiamo ben tre cartine ma riusciamo ugualmente a sbagliare sentiero. Dalla malga vediamo una traccia che sale su dritta verso la cima, ma siccome ci piace incasinarci ci facciamo fregare dalla nuovissima carta 4land, che indica un sentiero che risale il crinale nord-nordest (approfondiremo meglio la questione). Attraversiamo i prati della malga verso il crinale e troviamo un sentiero, non segnato ma ben tracciato, che seguiamo soddisfatti per aver trovato subito la via. Senonché dopo un po’ ci rendiamo conto che il sentiero
aggira la Loverdina a est e non vuole saperne di salire.
Abbandoniamo quindi il sentiero e saliamo “a panza” nel bosco, verso il crinale. Peccato che, man mano che si sale, le
barriere di mughi si facciano sempre più imponenti e minacciose. Sfruttiamo tutti i possibili “corridoi” e saliamo ancora, cercando di arrivare al benedetto crinale, dove contiamo di intercettare il famoso sentiero. Invece va sempre peggio e in breve ci troviamo infognati nei mughi alti 4 metri, tipo giungla amazzonica.
Non molliamo la presa e, testardi, iniziamo un
duro ravanamento, condito con bestemmioni vari. In alcuni passaggi vediamo dei vecchi mughi tagliati, quindi deduciamo che siamo su qualche antica traccia inghiottita negli anni dalla mugara. Insistiamo nella boscaglia quasi impenetrabile infilandoci, a testa bassa, in tutti i pertugi possibili.
Dopo un’altra mezzora di ravanate varie finalmente i mughi infami diventano più radi e becchiamo una vaghissima traccia che appare e scompare, suscitando euforia o sconforto a seconda dei casi. Ma ormai siamo in vista della cima, anche se abbiamo faticato come bestie. Sbuchiamo ansanti sulla dorsale, finalmente vediamo il lago di Tovel e Malga Termoncello dall’alto. Vediamo anche la traccia che sale direttamente dalla malga, e che ci avrebbe evitato questa ravanata demenziale. Vabbè pazienza, tutta esperienza anche questa (mai lasciare la via certa per l'incerta...).
Mangiamo sulla cima, facciamo foto brutte perché il cielo, alla faccia di Meteotrentino che aveva previsto “molto soleggiato” è invaso ovunque da una nuvolaglia grigia. Fa anche freschino e ci tocca vestirci con un sano pile per non battere i denti. Tocca ora alla discesa, che avevamo sentito descrivere un po’ rognosa. In effetti lo è: dalla cima pratosa si prosegue per la cresta che precipita immeditamente su brutti dirupi. Si traversa brevemente per un tratto roccioso ripido e ghiainoso, dove è meglio non scivolare. Si mette qualche mano a terra e si cala con attenzione.
Ci si abbassa rapidamente di circa 20-30 metri, senza grossi problemi in verità, per continuare con un traversone facile che va a riprendere la cresta, un filo esposta, e quindi risale per il culmine di un roccione finale. Di qui un’altra calata ripida, ma breve, che si fa con un po’ di attenzione aiutandosi con le mani (1° grado). Nulla di che. Si cala quindi nella
Val dell’Inferno e, per sentierello in costa, fino alla
Passo degli Inferni, che si affaccia sulla
spettacolare Alpe di Campa. Dall’alto vediamo la Malga Campa deserta, zona di scorribande dell’orso.
Saremmo tentati di proseguire in direzione Sella del Montoz e rientrare da Malga Campa, ma l’ora è ormai tarda. Scendiamo per il ripido sentierino in Valle degli Inferni che si congiunge col
sentiero 370, arriviamo a
Malga Loverdina m 1768 (con bivacco sempre aperto), e quindi senza problemi fino alla forestale che ci riporta a Malga D’Arza.