Lasciatemi definire questa gita “Il mini-trekking della Campa”, ovvero un lungo itinerario ad anello che passa in una delle zone meno conosciute e praticate del Brenta, ma assolutamente spettacolare dal punto di vista ambientale e paesaggistico, caratterizzato prevalentemente da luoghi solitari, ampi spazi e cime imponenti.
Il punto di partenza è la frazione
Pegorar di Andalo, si imbocca il sentiero
301 che porta verso Malga Spora. Non bisogna però raggiungere la Malga, ma ci si ferma al
Baito Cacciatori che, posizionato fra il Fibbion ed il Mular Basso, si affaccia sulla conca erbosa della
Val dei Cavai. Imboccando il sentiero
338 ci si incammina in questa bella vallata, stretta fra due dorsali parallele di monti: da una parte la catena del Monte Fibbion, mentre a destra Mular Basso e Alto e le cime del Corz del Re. Verso nord la vista termina alla
Sella del Montoz, la prossima meta intermedia, che si raggiunge in poco più di un’ora di cammino seguendo la chiara traccia del sentiero 338, che sale con pendenza molto modesta per gran parte del percorso, per poi inclinarsi un po’ di più in prossimità della Sella. A questo punto è d’obbligo una breve sosta contemplativa, per ammirare il paesaggio: a sud la grande piramide del Piz Galin chiude la Val dei Cavai, mentre a nord si ha un’ottima vista sulle cime della Campa ed in parte sulla Val di Non. A est della Sella c’è il Monte Corona, mentre a ovest la Cima Santa Maria, splendido balcone su tutta l’area settentrionale del Brenta, nonostante il suo profilo non appaia particolarmente imponente né da un versante né dall’altro. La salita alla
Cima S. Maria è indicata con alcuni segni bianco-rossi e con degli ometti di pietra, però la linea da percorrere è molto intuitiva e non c’è nemmeno la necessità di seguire gli ometti, è molto più remunerativo procedere liberamente. La prima parte del percorso è caratterizzato da facili gradinate con fenomeni carsici (inghiottitoi, rocce modellate dal ghiaccio ecc..). Superata questa prima parte si distingue chiaramente la Cima, fino a questo momento sempre un po’ nascosta e confusa fra le varie asperità. Il versante da salire è costituito da un grande pendio ghiaioso molto largo. La salita alla Cima non presenta quindi mai tratti difficili o esposti, ma richiede solamente un po’ di attenzione e passo sicuro. Raggiunta la vetta lo spettacolo è fantastico ed il panorama grandioso. La vista è a 360°, abbracciando tutto il Brenta Settentrionale, scorci sull’Adamello e sui monti della Val d’Ultimo, sulle Dolomiti. Ma quello che è più spettacolare è la Catena della Campa, tutte le cime dal Grostè al Peller ed il Campo Flavona, in basso, con la curiosa sagoma del Turrion Basso. Dopo un meritato riposo (fin qui sono 1600 metri di dislivello, e la strada è ancora molto lunga) e dopo aver fatto il pieno di panorami spettacolari, ci si riporta alla Sella Montoz, ripercorrendo a ritroso il percorso di salita, facendo attenzione soprattutto sul ghiaione, che è un po’ insidioso. Dalla Sella si intuisce chiaramente la prossima tappa di questo giro, ovvero la
Bocchetta di Val Scura, posizionata nell’avvallamento a nord del Cimon della Campa. Si riprende quindi sul
338 in direzione nord, seguendo prevalentemente in discesa la traccia nell’ambiente prevalentemente prativo. Si arriva ad un bivio segnato da una serie di cartelli (divelti e appoggiati alla buona..), e bisogna prendere a sinistra ed iniziare ad alzarsi per riportarsi alla quota della Bocchetta. La vista sulla Val di Non è ora più chiara e si distingue chiaramente la parte sud del lago di S. Giustina. Il sentiero ora piega decisamente verso ovest, assumendo un aspetto sempre più pietroso, come del resto tutto l’ambiente circostante. Si arriva in breve alla Bocchetta di Val Scura, da cui scende la ghiaiosa e pietrosa valle con l’omonimo nome. Il luogo è molto suggestivo, racchiuso a nord dalla Cima di Val Strangola e a sud dal Cimon della Campa, mentre la vista attraverso la Val Scura termina sulle cime del Brenta Settentrionale. La discesa per la Val Scura è abbastanza faticosa, il suolo è assolutamente pietroso fino in fondo, con qualche spiazzo di neve qua e là. L’ambiente è comunque molto bello, più aspro ma allo stesso tempo suggestivo. Arrivando alla base della valle si trova un bivio: andando verso nord si arriva a Tovel, mentre verso sud-ovest alla
Malga Flavona. Ovviamente si prende a sinistra e sempre per terreno pietroso (ora anche con massi di dimensioni notevoli), la località è chiamata a ragione passere, si segue il sentiero che richiede sempre attenzione anche perché iniziano a comparire le prime radici dei mughi sul tracciato. Terminato questro tratto accidentato si sbuca sul sentiero
330, decisamente più confortevole e diretto alla Malga, a cui si arriva attraversando infine dei bei prati ondulati. Dopo una breve sosta alla Malga si prende il sentiero che risale l’altura che è posta a nord del
Campo Flavona. Superato questo dosso si possono ammirare per la seconda volta in questo itinerario i verdi pascoli di questa bellissima conca erbosa. Seguendo la traccia
371 verso sud si attraversa comodamente il Campo Flavona, ammirando anche alcuni laghetti assediati dalle mucche. Quasi all’estremo sul del Campo si arriva ad un bivio: o si sale al Grostè, oppure si prende il 301 e si va verso il
Passo della Gaiarda. Imboccando il
301 si sale comodamente al Passo della Gaiarda, da cui di possono ammirare da una visuale insolita le cime che contornano la conca della
Malga Spora. La discesa alla Malga avviene ancora per un percorso ghiaioso, in brevi tratti ripido, ma comunque ben segnato e da percorrere con un minimo di attenzione. Verso la fine della discesa compaiono i primi mughi e si inizia a distinguere la sagoma della Malga. Ancora poco e si sbuca poco a a nord della stessa, ammirando il grande pascolo che le sta attorno. Lo si attraversa sempre sul
301 ed in breve si arriva nuovamente al
Baito dei Cacciatori, incontrato di prima mattina e con molti meno chilometri nelle gambe. A questo punto, dopo un ultimo sguardo su per la Val dei Cavai, si continua ancora sul 301 che riporta in maniera eterna e monotona ad
Andalo, alla macchina, ai rumori della modernità a cui ormai non siamo più abituati, ma che un po’ ci fanno anche piacere.
Come considerazioni conclusive devo dire che il giro è fantastico, estremamente vario ed appagante. L’unica parte monotona è il tratto fra Andalo e il Baito Cacciatori, poi il resto è uno spettacolo. Non pensavo di riuscirci, infatti il progetto iniziale era salire a Cima S. Maria e tornare per la stessa via dell’andata, ma una volta su (in vetta dalle ore 11.45 alle 12.45) mi sentivo le energie per fare tutto il giro completo, e così è stato. Dal punto di vista dell’orientamento non credo ci siano grossi problemi, i sentieri sono segnati molto bene e comunque il percorso è intuitivo. Serve un passo sicuro per affrontare i numerosi ghiaioni in sicurezza (Cima S. Maria, Val Scura, Passo Gaiarda-Malga Spora), ed un buon allenamento .Il dislivello complessivo credo in fatti sia prossimo ai 2000 m e le ore di cammino sono tante: partito a piedi dal Pegorar alle 7.20, sono ritornato alla macchina alle 19.05, quindi quasi 12 ore dopo, di cui 10 di cammino. La soddisfazione quando si vede la macchina è tanta. Garantito. E la voglia di una doccia rinfrescante è ancora maggiore.