Io ho la mia teoria, che mi ripeto ogni volta mi trovo a ravanare fuori dal sentiero. C'è anche da dire che ho letto un sacco di vecchi libri di montagna. E questo mi ha già guastato la testa. Cioè, a forza di leggere di gente come Kugy, Miotto, Castiglioni, Boccalatte, Soldà, Lammer e compagnia bella, si iniziano a veder i sentieri un po' diversamente. Nasce in te lo spirito esplorativo, il piacere del incognito. E' forse un bisogno del uomo, magari nascosto, che quando vado per boschi o cime, si scatena. Poi c'è un innato spirito di curiosità, tipico dei bambini. Mi colpiscono più certe deboli tracce a lato del sentiero che il sentiero principale. E poco importa se ho una mugaia di fronte, se lassù vedo un canalino da provare o un ghiaione su cui arrancare. Certo, mica si può andar via alla cieca...o i guai, sono assicurati. Come sui viaz del bellunese, percorsi nati più per scappare dai gendarmi che per far alpinismo. Ma anche lì, c'è una curiosità di base. Il gusto di trovar nuove vie, di scoprire nuove montagne tra le solite montagne. Ce ne sarebbe da dire ancora su questo tema, ma vi annoierei. Io dico che dietro ogni labile traccia, è celato un mistero. E dietro ogni mistero, nasce sempre un sogno....e senza sogni, del resto, che sarebbe l'uomo?