Gita effettuata il 2 Settembre 2013
Questa salita mi è venuta in mente durante le mie numerose visite alla suggestiva Val Venezia. Ho sempre guardato l'affascinante ma docile Palon de la Mare con interesse e, dopo averlo salito in Giugno con gli sci dall'omonima vedretta, mi ispirava una nuova ascensione per l'apparentemente comodo vallone che dal Pian Venezia prende quota in direzione della cima. Sulla mappa le linee altimetriche fanno presagire a qualche sbalzo roccioso di poca rilevanza.
Mi porto quindi in macchina a Malga Mare la sera prima (quel giorno aveva piovuto) e, dopo una scomoda notte, inizio la salita in solitaria di prima mattina con una parziale copertura nuvolosa. Mi innalzo in breve al Pian Venezia da dove scendo verso il fiume passando a fianco delle panche da pic nic: un piccolo ponticello permette il passaggio sull'altra sponda ed inizio a risalire l'evidente immenso vallone cercando di evitare i salti rocciosi più rognosi.
Il fondo del valloneCamoscioSi sale con le prime luciLa salita è lunga e laboriosa, spesso incontro frane ciclopiche e placche laboriose da superare, ma sempre nei limiti dell'escursionismo ravanatorio
Branchi di camosci mi girano spesso attorno. Ad un certo punto la dentellata cresta a sinistra si ricongiunge con la più morbida dorsale di destra chiudendo davanti il vallone: superato un risalto roccioso ripido, mi ritrovo si di una larga e affascinante piana che lambisce il ghiacciaio de la Mare. Davanti a me la Catena Rossa con i suoi pinnacoli facilmente aggirabili si staglia suggerendomi la via.
La Catena Rossa si aggira a sinistraSalendo a sinistra dei gendarmi inizio ad affiancare un ripido nevaio che presto mi costringe a rimontare la cresta scivolosa e con qualche placca infida.
Sguardo indietro alla Catena RossaIl Vioz con la Vedretta RossaFinalmente sono al dosso a quota 3546m dove forzatamente calzo i ramponi per salire prudentemente sul ghiacciaio sommitale. Il panorama, anche se ormai conosciuto, è grandioso!
Il Gran ZebrùIl CevedaleLe nuvole mi si parano davanti nella marcia verso la cima ma non lambiscono ancora la vetta. Toccata una parte di cresta rocciosa molto facile, mi unisco alla più sicura traccia che sale dalla normale delle "tredici cime": la seguo lungo il glaciali ma morbidi pendii bianchi del Palon.
La vetta del Palon è ormai vicinaCresta del Palon de la MareIn breve, stando particolarmente attento ai chiari e pochi crepacci (sempre molto distanti dalla traccia), arrivo su questo splendido quanto accessibile balcone che domina molte delle cime circostanti. La felicità è al culmine
e le nuvole ancora mi lasciano in pace.
Vetta del Palon de la MarePrudentemente continuo sulla cresta in direzione del mansueto Vioz, un pò annuvolato nel lato sud, ma completamente scoperto dal lato glaciale. La cresta dapprima facile nel tratto innevato, si fa più impervia e marcia nel tratto di roccia dove, muovendomi con i ramponi, devo stare molto attento ad alcuni passaggi su ghiaino molto infido.
La cresta verso il ViozTratto roccioso di crestaMetto dunque piede sull'immenso Ghiacciaio dei Forni con un pò di timore conoscendone l'estensione e la maestosità: a breve distanza una cordata di due toscani perlustrano la cresta rocciosa dalla quale sono sceso, dicono che stanno tornando al Rifugio Mantova. Ne approfitto dunque per unirmi a loro, sebbene non con la corda, ma stando a breve distanza che è già comunque una sicurezza in più. Nel proseguimento della traversata il mio occhio cade costantemente sull'elegante sagoma innnevata della Punta San Matteo.
Punta San MatteoSeguo le tracce Quasi al ViozPunta LinkeIn breve eccomi sulla rassicurante sommità del Vioz sentendomi quasi a "casa".
La cresta del ViozLa croce di vettaLa sempre spettacolare Nord della PresanellaDopo una meritata pasta al Rifugio Mantova, prendo informazioni dal gestore circa la discesa. Mi informa che, oltre al sentiero che dai Doss dei Cembri gira dietro al crinale e percorre in costa tutta la Val de la Mare, si può scendere direttamente dalla cresta che costeggia la Vedretta Rossa ma presenta dei passaggi un pò "rognosi", altrimenti provando con calma per i valloni che scendono da Cima di Rocca.
Percorro la rampa per il battuto sentiero, quindi, poco prima del Brik, imbocco il ripido vallone che cala ad est con prudenza e cercando di smuovere il meno possibile i sassi che ne riempiono il fondo. Dopo una violenta discesa dove i miei ormai consumati scarponi hanno faticato parecchio a tenermi in piedi, giungo ad una prima piana ancora abitata da un nevaio. La tregua dura poco: un altro vallone pieno di frane ciclopiche mi si para davanti costringendomi a contiuni saliscendi usando le braccia. Intravedendo il Dente di Vallenaia più in basso e noto un chiaro passaggio erboso che gira dietro alla cima rocciosa: cerco di raggiungerlo passando per una frana impervia semiricoperta dalla vegetazione. Giungo quindi alla verde spalla e guardo un'ultima volta l'immenso vallone disceso
Il vallone che discende dal BrikGiunto nella Vallenaia, taglio tutto il versante cercando di raggiungere l'evidente traccia che scollina la dorsale "Lavina Rossa". Arrivo quindi ad un brullo prato da cui vedo ormai il parcheggio di Malga Mare. Un'ultima fregatura si interpone tra me e la macchina: seguendo la traccia piuttosto chiara, ad un passo dal bacino artificiale, mi sbarra la strada un salto roccioso impraticabile. Mi tocca tornare in su un bel pò per poter intercettare il fondo del vallone e raggiungere finalmente il sentiero 127 che in breve mi riporta alla base dove mi viene quasi da baciare la macchina
In conlcusione un giro effettuabile da allenati e soprattutto "ravanatori", senza difficoltà tecniche anche se su certi tratti di ghiacciaio sarebbe ovviamente opportuno legarsi
Sviluppo: 18,5 Km
Dislivello: 2000m