Dolomiti di Brenta viste dai prati in fiore di Cima Gazza
Iniziamente volevamo tentare la rampata micidiale da Aldeno a Cima Verde (2000 m di dislivello) ma poi il caldo notevole ci ha indotto a più miti consigli. Abbiamo quindi dirottato la scelta su qualcosa di più “soft”, ovvero
Cima Canfedin m 2034 salendo da
Covelo, che sono pur sempre 1500 metri di dislivello. Tutti da vedere comunque, c’è l’incognita forze, caldo e neve. La mortale, eterna e spaccagambe
strada selciata segnata col 612 l’avevo già fatta una volta in discesa, quindi stavolta la si fa in salita che dovrebbe essere meno faticosa. Scelta giusta ma ugualmente pesante, non si arriva più su! Per ¾ il paesaggio è un bosco monotono e sempre uguale, il caldo ci fiacca non poco. In ogni caso arriviamo alla
Bocca di S. Giovanni, per fortuna un po’ d'aria raffresca il clima e tornano un po’ le forze. Finalmenente un bello squarcio sulla
Valle dei Laghi: in un’unica infilata vediamo 4 laghi: S. Massenza, Toblino, Cavedine e in fondo il Lago di Garda. Peccato per la foschia…
Infilata sulla Valle dei Laghi con S. Massenza, Cavedine e Garda
Dopo una breve sosta con 1200 m nelle gambe in una botta sola, riattacchiamo la salita finalmente in un paesaggio che diventa sempre più entusiasmante: le vaste praterie alle falde del
M. Gazza sono in fiore: anemoni, genziane, milioni di primule! Abbandoniamo ben presto la noiosa forestale e per tracce di sentiero risaliamo per la dorsale, finalmente verso ovest ecco apparire sua “maestà” in tutto il suo splendore: il
Brenta!
Un meraviglioso faggio presso il rifugio forestale
Con questa costante veduta “patagonica” che ci rinfranca lo spirito, guadagniamo lentamente quota tra prati e piccole casette. Un tizio molto espansivo ci chiama dalla sua baita per offrirci una birra, decliniamo l’invito per timore stroncatura gambe, ma ci fermiamo per due chiacchiere.
Spunta il Brenta
Chiediamo lumi sulla situazione neve oltre il Canfedin ma non sa rispondere. Infatti la preoccupazione è che la neve tra le mugare rivolte verso nord ci ostacoli nella marcia o addirittura la renda impossibile.
Salendo al Monte Gaggia
Genziane e primule (con sfondo di erica)
Arriviamo comunque senza problemi in cima al pianeggiante
Monte Gazza 1985 con le sue meravigliose distese di prati, un vero e proprio
altopiano in quota, punteggiato di microscopiche casette. Nei pressi di
Passo S. Giacomo, orami la quota è fatta, ci fermiamo poco sotto Cima Canfedin per la sosta pranzo.
Salendo al Monte Gaggia
Cima Tosa
Nei pressi di Passo S. Giacomo
Dolomiti di Brenta nel loro splendore
Poi ronferemo indecorosamente sui prati per quasi due ore quando, risvegliati quasi di soprassalto da una folata di vento, scopriamo che sono quasi le 17.30! Ci rimettiamo subito in marcia, sia pure a malincuore: che
posto paradisiaco! In pochi minuti siamo a
Cima Canfedin 2034 metri, con altra vista “mostruosa” stavolta sulla
val d’Adige. Dopo una breve sosta riprendiamo il cammino per il
sentiero 602. Errore clamoroso, perché in realtà volevamo scendere dal
610 dal passo S. Giacomo appena superato ma, chissà perché, eravamo convinti (cioè io ero convinto visto che sono il “navigatore”) che fosse più a nord dove c’è Passo S. Antonio.
Poco sotto cima Canfedin
In vetta al Canfedin, sullo sfondo la Paganella
Laghi di Lamar, sullo sfondo Lavis col fiume Avisio
Dopo aver attraversato un po’ dei temuti nevari, per fortuna ben portanti, intuisco che qualcosa non torna: controllo sul gps del cello e scopro l’errore. Si potrebbe senz’altro tornare indietro, ma a questo punto decidiamo di proseguire anche se allungheremo il percorso. E’ tardi, abbiamo 3-4 ore di luce al massimo, non so com’è il 610 e perciò mi lascio tentare dalla Trekkart che riporta il
606 addirittura come una stradella! Raggiunto passo S. Antonio 1893 senza grossi problemi, la neve porta sempre, affrontiamo la lunga discesa.
Cima Canfedin con vista su Trento
Cima Canfedin con vista sul Brenta
Col cavolo che c’era la strada! E’ un sentiero infame tra i mughi prima, poi in boscaglia con fondo sassoso e di ghiaino che pare di camminare sulle rotelline, gli scivoloni non si contano. La
discesa è veramente eterna e faticosissima, si suda come fontane, forse era meglio la strada selciata dell’andata... Comunque, lentamente perdiamo quota e grondanti di sudore e di fatica arriviamo sul fondovalle poco sopra l’abitato di Monte Terlago m 697.
Fioritura sotto Passo S. Antonio
Di qui con lungo traversone in leggera discesa per il
sentiero S. Vili n. 627 arriviamo a Covelo che sono quasi le 21.00. Giro abbastanza duro fisicamente ma di grande soddisfazione, con panorami favolosi nella parte alta, un po’ noiosa e faticosa la parte salita / discesa. Dis. 1500, sviluppo circa 20-22 km.
Il percorso