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K2, una montagna di critiche

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I protagonisti della fiction K2 (foto Rai)

La fiction Rai “K2 – la montagna degli italiani” rievoca la storica spedizione vittoriosa sul K2 guidata da Ardito Desio nel 1954. L’impresa in realtà è passata alla storia per una polemica durata cinquant’anni. Walter Bonatti, all’epoca giovane scalatore emergente, accusò Achille Compagnoni e Lino Lacedelli (i due alpinisti che raggiunsero la vetta del K2) di aver spostato di proposito l’ultimo campo in una posizione diversa da quella concordata, per impedirgli di raggiungere i compagni e condividere la gloria della salita. Fu costretto così a bivaccare all’addiaccio a oltre 8000 metri di quota assieme al portatore Mahdi, senza alcuna protezione, tenda o sacchi a pelo. Entrambi sopravvissero miracolosamente. Il capospedizione Ardito Desio impose tuttavia una “versione ufficiale” secondo la quale Bonatti, per ambizione, aveva minato il successo della spedizione consumando parte dell’ossigeno destinato a Compagnoni e Lacedelli. Dopo 50 anni di polemiche, una speciale commissione del Cai ristabilì infine la verità, dando pienamente ragione a Bonatti.

Ebbene, la fiction della Rai è riuscita nell’impresa di ridurre una storia così potente e appassionante in un polpettone indigeribile. Recitazione pietosa, sceneggiatura imbarazzante, invenzioni ridicole, svarioni e incongruenze di ogni tipo. Uno scempio che, a dispetto dei buoni ascolti in tv, ha scontentato chiunque abbia una minima esperienza di montagna. Gli alpinisti sembrano una manica di deficienti, mentre Bonatti, la figura centrale della vicenda, è tratteggiato come un perfetto imbecille, un esuberante cretinetti senza alcun spessore intellettuale e morale. Sulla rete e sui social network le critiche, gli sfottò e i lazzi si sprecano.

Perché è l’intera fiction a fare acqua da tutte le parti: dalle ambientazioni farlocche ai costumi approssimativi, dalla recitazione demenziale alle musichette fuori luogo che infestano quasi ininterrottamente tutta la durata del film. Insomma un disastro su tutta la linea. La pietra tombale sulla coproduzione Rai è arrivata infine da un comunicato congiunto di Rossana Podestà, compagna di Bonatti, del celebre alpinista Reinhold Messner e di Luigi Zanzi, uno dei “saggi” della commissione del Cai che riabilitò Bonatti.

“La prima considerazione è che purtroppo è stata resa ‘piccola’ anche la più grande impresa dell’alpinismo italiano” si legge nel comunicato. “Una miniserie può liberamente proporsi di integrare con invenzioni l’evocazione di una persona: ma è inaccettabile che giunga a renderne grottesca, risibile e contraria al vero l’immagine, come nel caso di Bonatti, che risulta opposta a quella autentica. Neppure c’è l’invocata rispondenza di questa fiction alle ricostruzioni storiche che finalmente, dopo cinquant’anni!, sono state fatte a cura del Cai, di tale “epopea” fin lì viziata da gravi falsità storiche. Vicende ormai nitidamente ben note vengono pasticciate, confuse, rese irreali. Al punto da guastare finanche l’unico esito positivo della sceneggiatura, consistente nel rilievo dato al ruolo decisivo di Bonatti, a rischio della sua stessa vita, per la salita alla vetta, nonostante i noti disguidi che troncarono l’intesa della squadra. Infine, chiunque sia salito su una pur piccola montagna, ha avvertito immediatamente con ironico disgusto che questa “fiction” non ha nulla di alpinistico”.

Autore: Agh

Content manager portali turismo e montagna, fotografo, cameraman

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