Una meravigliosa foto d’epoca: una ardita mulattiera austriaca della Grande Guerra sale dalla Val Sadole alla forcella tra Busa Alta 2513 e Cardinal 2488. Si possono contare oltre 50 tornanti!Qui la versione originale.
Nell’archivio Bildarchiv austriaco si possono trovare moltissime immagini d’epoca eccezionali ed emozionanti: basta entrare nella sezione di ricerca rapida (schnellsuche) e inserire una parola chiave, ad esempio “Cauriol”. Appariranno le miniature delle foto disponibili, che si possono scaricare anche ad alta risoluzione.
Sembra incredibile ma nella Catena del Lagorai, nel Trentino orientale, uscendo dai soliti itinerari e abbandonando i sentieri segnati è possibile avventurarsi in percorsi assolutamente selvaggi, dove si può camminare per intere giornate senza incontrare letteralmente nessuno.
Certo questo è un genere di itinerari che non si può improvvisare ma va studiato attentamente a tavolino, servendosi di ottime carte e magari anche di qualche “guardata” con Google Earth per capire meglio la natura del terreno, o ancora meglio alle dettagliatissime immagini di Bing.
Bisogna armarsi di pazienza, avere un ottimo allenamento,un discreto senso dell’avventura e molte cartine appresso per destreggiarsi. Utile anche un GPS per districarsi nell’orientamento tutt’altro che banale.
E’ il caso di questa impegnativa esplorazione lungo la quasi ignota dorsale del M. Castel – Cima Valbona, percorsa in buona parte fuori sentiero. Si procede liberamente per boschi e meravigliose praterie di alta quota, sfruttando a volte antiche tracce di pastori o cacciatori, camminamenti militari, o muovendosi anche al di fuori di qualunque traccia.
Si parte dal fondovalle nei pressi del Lago di Forte Buso e si sale faticosamente fino alle impervie cime che sfiorano i 2500 metri lungo il crinale orientale del Lagorai totalmente trincerato per decine di chilometri. In prossimità dello spartiacque ogni cima, forcella, passo, costone, ci parla della Grande Guerra.
Tra i sassi, ancora oggi dopo 100 anni, sono sparse tonnellate di pezzi di ferro, piombo, schegge di tutti i tipi, munizioni. Le trincee sono ovunque, come i resti di baraccamenti, caverne e casematte. Il dislvello è di circa 1500 km per 29 km di sviluppo, ma ne vale la pena 🙂
Nell’ottobre del 2011 ho avuto modo di partecipare ad un sopralluogo al Corno di Cavento m 3406 per documentare i lavori di recupero della postazione militare della Grande Guerra scavata nella roccia della vetta.
Un elicottero della Provincia Autonoma di Trento ci ha ha permesso di fare dei sorvoli verso Il Carè Alto, il Crozzon di Lares, fino al celebre cannone Skoda modello 149G detto “Ippopotamo” su Cresta Croce, per poi depositarci sotto la vetta con tutta la nostra attrezzatura per le riprese. La galleria scavata nella roccia di Cima Cavento si sviluppa per alcune decine di metri e ospitava circa 40 soldati. La postazione era servita da una teleferica per il rifornimento dei materiali e dei viveri necessari.
Sono visibili i letti a castello coi pagliericci, la stufa per riscaldare durante l’inverno, la legna, il locale riservato agli ufficiali rivestito in legno, con brande e scrittorio, una serie di suppellettili.
Poi armi varie, bombe, proiettili, indumenti. Sono passati 100 anni ma sembra quasi che la galleria sia stata abbandonata da poco… Impressionante. La galleria del Corno di Cavento è accessibile, per ovvie ragioni, solo con visita guidata.
Per info: SAT – Società degli Alpinisti Tridentini – Via Manci, 57 – 38100 Trento, tel. 0461 981871 sat@sat.tn.it | www.sat.tn.it
Durante i lavori di recupero sono stati riportati alla luce centinaia di documenti e testimonianze della vita dei soldati in prima linea. Il tutto è stato portato a graduale scongelamento, disposto in deposito di sicurezza, inventariato. Attualmente sono in corso le operazioni di manutenzione e restauro.
Il Corno di Cavento durante la Grande Guerra (da Wikipedia)
Nella primavera del 1916 gli alpini italiani erano attestati al Rifugio Garibaldi e gli austriaci presidiavano la dorsale Monte Fumo – Lobbia Alta e la dorsale Corno di Cavento – Crozzon di Folgorida, con importanti basi logistiche al Rifugio Mandrone e al rifugio Carè Alto. In circa un mese, tra il 12 aprile e il 14 maggio 1916, gli alpini conquistarono prima la linea Monte Fumo – Lobbia Alta, poi il Crozzon di Folgorida, il Crozzon di Lares e il Passo di Cavento, e infine i passi di Folgorida e delle Topette.
Il Corno di Cavento, rimasto in mano agli austriaci, fu conquistato l’anno successivo, il 15 giugno 1917, con un’operazione su più fronti: dopo un intenso bombardamento della vetta, gli alpini sciatori attaccarono dalla vedretta di Lares, mentre compagnie di rocciatori attaccavano dalla cresta nord e dalla difficile parete nord ovest. Gli austriaci furono respinti sulle posizioni del Monte Folletto e del Carè Alto.
Durante la battaglia morì il tenente Felix Hecht von Eleda, di 23 anni, comandante delle posizioni austriache Folletto-Cavento. Sorpreso dagli alpini mentre azionava personalmente una mitragliatrice e ferito da una bomba, a un cenno di ribellione fu afferrato e gettato dal versante nord. Il corpo non fu mai trovato. Il suo diario personale, oggi presso il Museo della Guerra Bianca Adamellina di Spiazzo, fu trovato da un ufficiale italiano, il capitano Battanta, conosciuto come “Il diavolo del Cavento“, dopo l’assalto. Il diario è un documento importante – e a tratti toccante – sulla vita di guerra a 3400 m: le nevicate, il freddo, le cannonate e le manovre dei nemici italiani, le critiche al proprio comando.
Il 15 giugno 1918, esattamente un anno dopo la conquista italiana, gli austriaci riuscirono a prendere alle spalle gli italiani attraverso una galleria scavata nel ghiacciaio di Lares e rioccuparono il Corno di Cavento. Gli alpini lo riconquistarono però il successivo 19 luglio con un’operazione simile a quella del 1917. Da allora la cima rimase in mano agli italiani fino al termine della guerra.
Avevo sentito parlare spesso del Corno Battisti 1762, e gli ero anche passato vicino durante la Traversata Col Santo – Cima Palon sul Pasubio. Invogliato anche dai bellissimi resoconti apparsi sul forum, ho deciso di andare a vedere. Si tratta di un incredibile intrico di gallerie scavato dagli italiani nelle viscere del Monte Corno (poi ribattezzato Corno Battisti) durante la Grande Guerra, con lo scopo di far saltare per aria con l’esplosivo il nemico attestato sulla cima.
In origine sotto il controllo italiano, durante la Strafexpedition del maggio 1916 ritornò in mano austriaca, e vi rimase anche dopo il parziale ritiro dovuto al fallimento dell’offensiva nel giugno successivo.
La notte del 10 luglio dello stesso anno, l’Esercito italiano tentò un’offensiva per riappropriarsi del torrione che offriva un’ottima posizione sulla zona sommitale del Pasubio. L’azione prevedeva innanzitutto la salita per un impervio canalone del battaglionealpino Vicenza, quindi sarebbero giunti a sostegno il 69° e 71° battaglioni di fanteria circondando la cima.
Il battaglione Vicenza, guidato dal tenenteCesare Battisti con il sottotenenteFabio Filzi adempì il suo compito impadronendosi della cima, ma i due battaglioni di fanteria non riuscirono a raggiungere la quota prestabilita a causa del terreno impervio e intricato. Dopo una lotta all’ultimo sangue furono catturati Cesare Battisti e Fabio Filzi. I due furono processati e impiccati come traditori due giorni dopo nel castello del Buonconsiglio a Trento.
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