
LA DENUNCIA
Val dei Mocheni. tornano le ruspedi Luca Marognoli
TRENTO. «E' come se mi avessero tagliato una gamba». Paolo Frassoni, appassionato di trekking e componente del direttivo gite della Sat di Trento, mostra sdegnato la larga lingua di terra rossa, ancora grezza ma già compattata, che sale verso il bosco. Siamo sopra a malga Bolpis, a un'ora scarsa di cammino da Kamauz, sul versante che porta alla Panarotta. La neve è arrivata ma non è riuscita a coprire la nuova ferita che si è aperta sulla pelle fragile della "Valle incantata". Le tracce dei cingoli delle ruspe sono fresche, al posto della mulattiera di prima c'è un ampio tornante. I piedi sprofondano nel fango, ma la carreggiata è ben delineata: la larghezza è di circa tre metri. «Lavori che servono per potenziare l'acquedotto», spiegano in Comune, assicurando che qui l'asfalto non arriverà mai. Chi passa però resta spiazzato: nessun cartello indica l'opera che viene compiuta, il nome della ditta e la durata dei lavori.
Siamo a 1500 metri, quassù ci sono solo un paio di malghe raggiunte da una strada asfaltata di fresco e altrettante che spuntano fra i pini verdi e i larici gialli che hanno coperto la neve con un morbido tappeto di aghi.
Parlare di ruspe in azione in Valle dei Mocheni fa pensare allo sfregio denunciato tre anni fa dalla Sat a Palù, dove era stato aperto un cantiere stradale, con conseguenti sbancamenti, alla partenza del sentiero che porta verso il lago di Erdemolo. «Quella era una bestemmia perché prima non c'era nulla e del tracciato precedente si erano perse le tracce», dice Frassoni, che anche in quell'occasione fu tra i primi a segnalare il caso. «Qui però è peggio, sia come impatto che come dimensioni. Non dico che non si debbano fare lavori pubblici. Ma il discorso giusto è quello del "genius loci": la prima cosa è il rispetto dell'ambiente».
Nel bosco accanto alla strada c'è la nuova opera di presa. Un'altra, più grande, è mezzo chilometro più a valle. «Usano gli acquedotti come cavalli di Troia per fare le strade», dice l'escursionista. «Qui c'era una mulattiera, vedere questi sbancamenti fa cadere le braccia. Un bel capolavoro». Poi indica la montagna: «Vede lassù, quello è il Favort: fra poco ci faranno salire su in macchina... ma a questo punto è meglio che la montagna la abbandonino».
Frassoni frequenta questi sentieri da quando era un bambino. Suo padre era alpino di stanza a Levico poco prima della seconda guerra mondiale. E' stato lui a trasmettergli la passione, che talvolta brucia come una smania, di conoscere la montagna, la gente che l'abita, i nomi delle piante, i colori che cambiano da una stagione all'altra. Questa era davvero una "valle incantata", come recita il cartello di benvenuto, a Canezza. Frassoni ci aveva fatto lasciare l'auto a Kamauz: «Bisogna salire a piedi, per rendersi conto della magia di questi posti». Ma basta poco per rompere l'incantesimo. «Avranno risolto i loro problemi funzionali, ma hanno reso l'ambiente meno appetibile per noi escursionisti. In questa zona non organizzerò più gite».
(16 novembre 2009)
da il trentino
http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/dettaglio/val-dei-mocheni-tornano-le-ruspe/1779967