Da quel che ho potuto capire leggendo vari spezzoni sull’impresa gli spostamenti tra un gruppo e l’altro sono avvenuti tutti in completa autonomia, a piedi o in bicicletta e, solo in quel caso si sono fatti trasportare gli zaini, questo però non sminuisce il valore dell’impresa.
Per velocizzare il tutto sono sempre partiti dai vari rifugi portandosi lo stretto necessario per la progressione e gli sci per la discesa; solo in caso di traversate portavano gli zaini con tutto l’equipaggiamento fino a dove possibile e gli ultimi metri verso le varie cime venivano fatti lasciando gli zaini sulla via del ritorno.
Poi, considerando anche le condizioni meteorologiche di quest’anno, è impressionante la “tenuta” fisica che ha richiesto un’impresa di quel genere; 60 giorni sempre sotto pressione senza un attimo di tregua e sempre dando il massimo, mantenendo sempre la lucidità necessaria per affrontare le difficoltà oggettive e psicologiche, sia nella salita che nella discesa con gli sci su pendii a volte estremi.
Ci vuole proprio una motivazione interiore enorme che può essere data solamente da un amore per la montagna incondizionato.
Per me, e questa è una considerazione personale, questo è uno dei massimi esempi di connubio “passione – sport", il traguardo di una vita, perchè una vita è appena sufficente per acquisire la preparazione fisica, tecnica e l'esperienza necessaria.