In vetta allo Zufall, sullo sfondo il CevedaleConclusione col “botto” di una stagione escursionistica, per quel che mi riguarda, da incorniciare! Visto il periodo di bel tempo stabile, decido di provare ‘sto
Zufall m 3757. Sono da solo. L’unica incognita è la nevicata recente, ma una guida alpina incontrata sabato mi dice che la via dovrebbe essere pulita. Sveglia alle 3.30 (ho dormito tre ore!). Parto dal parcheggio della
Centrale Enel m 1950, sotto Malga Mare, intorno alle 6.30. E’ ancora buio ma sta albeggiando e non ho bisogno della pila. C’è un’aria calda e dopo 10 minuti di marcia sono già in maniche di camicia.
Arrivo senza difficoltà al
Rifugio Larcher m 2600, mestamente chiuso, peccato un tè caldo l’avrei preso volentieri. Nella piana successiva avvisto un bel branco di camosci che si allontanano tranquillamente. Poco sotto la Forcola mi raggiungono due tizi di Avio partiti poco dopo di me, li perdono perché avranno 30 anni di meno
Arrivati al
Passo Forcola 3032 siamo accolti da un vento gelido. Appena mi affaccio sul versante est dello Zufall mi si gela il sangue: è tutto bianco di neve e ghiaccio e in quel preciso istante mi ricordo… dei ramponi lasciati in macchina!!! Con una certa preoccupazione affronto il crinale. Appena la traccia gira a nord c’è neve e ghiaccio e si sprofonda tra i sassi infidi. Ho ovviamente le scarpette basse che in questa situazione non sono proprio il massimo.
Si procede molto lentamente, seguendo la traccia e gli ometti fin dove è possibile, cercando di evitare la neve spostandosi sul versante sud che è pulito. A quota 3170 la cresta diventa un casino, neve fonda sul lato a nord, pareti rocciose verticali a sud. Ci sono anche tratti un po’ esposti. Lentamente passo, con arrampicamenti di 1° grado resi insidiosi dalla neve e dal ghiaccio. E’ tutto un noioso cava e metti i bastoni sullo zaino. A un certo punto arrivo su delle placche rocciose quasi verticali, impossibile passare senza rischiare una caduta. Aggiro l’ostacolo ma ne trovo uno forse peggiore: macigni ricoperti di neve e ghiaccio, un casino da passare, per fortuna è un tratto breve! A quota 3234 la preoccupazione cresce, c’è un costone innevato e ripido da risalire, si fa strada l’ipotesi mesta di rinunciare. Da una parte la vedretta della Forcola piena di crepacci, dall’altra dirupi.
Affronto la salita con calma, arriverò fin dove arrivo. La cima dello Zufall sembra spaventosamente lontana. Voglio salire per vedere almeno il crinale quando gira con esposizione a sud. Pian piano guadagno quota fino a 3400, la cima sembra ancora lontanissima quando finalmente la cresta gira verso nord, vedo il Cevedale e sotto gli impressionanti crepacci del ghiacciaio. C’è un tratto di dorsale poco ripido, abbastanza pulito che conduce al famoso “nevaietto” letto su altre relazioni, è pianeggiante e si traversa senza difficoltà. Altro strappo ripido con tratti innevati fastidiosi. La vetta ora non sembra così lontana. Incontro un tedesco che scende coi ramponi in mano, gli chiedo com’è fino allo Zufall coi ramponi, lui dice “nichts”, viene dal Cevedale
.
Ormai ci sono quasi anche se la quota comincia a farsi sentire, ho dei leggerissimi capogiri ma poi passano, la gamba invece è ancora ottima. C’è l’ultimo tratto un po’ delicato, la cresta in alcuni tratti si fa affilata, bisogna arrampicchiare, da una parte dei costoni rocciosi che digradano sul ghiacciaio del Cevedale, dall’altra gli strapiombi sulla vedretta della Forcola. Verso mezzogiorno arrivo sulla cima dello
Zufallspitezen m 3757, ci saranno 7/8 persone, poco distante la piramide del Cevedale che sembra davvero lì a un passo, e tutt’intorno i grandi ghiacciai, dietro di me i colossi di Ortles e Gran Zebrù, davanti il Palon de la Mare e il Vioz. Guardando il Cevedale il pensiero ritorna a ben 30 anni fa quando ci salii con un amico che ora non c'è più. Nonostante tanto tempo trascorso, io sono ancora lì, e questo è abbastanza bello
Alle 13 inizio la discesa, lento e con prudenza. Mi son detto fin dall’inizio che non voglio rifare quel cavolo di cresta anche in discesa. Ripercorro il crinale con molta attenzione, la discesa è lenta, i tratti innevati una bella seccatura. Arrivo all’inizio del lungo crinale che traversa alla Forcola. Alla forcella a quota 3250, dopo aver ben osservato il percorso per tagliare sotto il Passo Forcola, mi butto giù per un canalone. L’inizio non è male, c’è un bel ghiaino che cede morbido. Poi invece diventa un incubo di macigni e pietre instabili. Qui ho fatto più fatica che in salita, c’erano un sacco di valloncelli di grossi sassi che non si vedevano dalla forcella e l’attraversamento è stato molto penoso e insidioso.
Una pessima idea insomma quella di tagliare giù per i canaloni di pietre, ho impiegato più tempo e ho rischiato di più. Dopo una faticosa traversata tra i macigni, finalmente riacchiappo il sentiero, tiro un po’ il fiato al Rif. Larcher e poi giù fino alla macchina, dove arrivo, sano e salvo, alle 17.30.
Bellissima escursione di fine estate, giornata da urlo anche se con venticello freddo, duretta ma non durissima, quest’anno sono allenato come non mai, speriamo che duri!
. Disl 1900, sviluppo 20 km.